Curiosità storiche: ecco come tentarono di scippare a Marconi l’invenzione della radio
Da qualche secolo, neanche poi tanti, talvolta, si è potuto ascoltare un qualche improvviso rumore di sparo di fucile. Non tutti gli scoppi uditi, però, erano necessariamente connessi, a colpi esplosi ai fini venatori o bellici. Infatti, quello esploso in aria l’otto dicembre 1895, dal Signor Mignini, da dietro la collina Celestina, posta nel terreno di una vasta proprietà fondiaria, situata nell’Appennino bolognese, fu un colpo di segnalazione. E che segnalazione! Sparo di fucile, che neanche chi lo aveva esploso poteva avere contezza, al momento, delle conseguenze, che ciò avrebbe comportato per il genere umano. Quest’ultima affermazione, non è, a dispetto di quanto possa sembrare, assolutamente esagerata.
L’inizio di una rivoluzione scientifica
A quell’episodio del dicembre del 1895, si fa risalire, la data dell’inizio di una Rivoluzione. Grande Rivoluzione, dalla portata imprevedibile. Rivoluzione, che non necessiterà di spargimento di sangue. Il Signor Mignini, di professione maggiordomo, esercitava la sua funzione in casa Marconi. Con quell’atto, segnalava da dietro la collina, al giovanissimo Guglielmo il raggiungimento del buon esito dell’esperimento in corso. L’apparecchio inventato dal giovane Marconi, era in grado di ricevere e mandare impulsi elettrici senza fili, anche superando ostacoli naturali. Tipo per l’appunto una collina. Cosa ritenuta fino quel momento impossibile. Mignini, con quel colpo in aria segnalava a Marconi, volutamente rimasto in laboratorio, proprio questo. L’ottimo esito ottenuto dell’esperimento. Il quale, si era compiuto nello spazio compreso tra Villa Griffone e la collina adiacente. Villa Griffone era la residenza principale della famiglia Marconi.Era nata la radio. Guglielmo Marconi ne era il padre.
L’0stacolo dello scetticismo
Dopo gli iniziali entusiasmi, l’inventore si rese conto che per proseguire gli esperimenti su scala maggiore, avrebbe avuto bisogno di consistenti capitali. Per tentare di ottenerli, iniziò attivando le pratiche dovute presso il Ministero Poste e Telegrafi. Non ebbe alcuna risposta. In compenso il Ministro On. Pietro La Cava annotò sul suo incartamento “alla Longara”. Intendendo con ciò al manicomio. Struttura, che all’epoca, a Roma si trovava in Via della Lungara. Sarebbe spontaneo, e anche scontato, commentare con il detto evangelico “nemo profeta in patria”. Proposte come quelle di Guglielmo Marconi, o di quelle che Cristoforo Colombo aveva esternato ai suoi tempi, erano illuminate da una tale genialità, capace di minare tutti i convincimenti correnti. Per la “società”, non restava altro che confinare gli aneliti di questi creativi visionari, quantomeno, nel campo dell’ impossibile.
Approdo a Londra
L’inventore era figlio di un agiato possidente, Giuseppe Marconi e dell’irlandese Annie Jameson venuta in Italia per imparare l’arte del bel canto. Dalla loro unione il 25 aprile 1874 a Bologna nacque Guglielmo. Per nulla prostrato, dall’indifferenza mostrata alla sua richiesta, avanzata al Ministero Poste e Telegrafi decise con la madre di andare a Londra. Giunti lì, grazie anche a delle relazioni familiari, poterono essere intrapresi dei contatti finalizzati alla ricerca di finanziamenti adeguati. Riuscì quindi a entrare in contatto con l’Ingegnere capo del Post Office inglese William Preece. Il quale, da circa un decennio, tentava anche lui di realizzare la telegrafia senza fili. Dopo alcuni giorni di studi della documentazione prodotta dal giovane inventore, l’Ingegnere capo del Post Office si espresse più o meno così: “Ha fatto veramente una cosa eccezionale”. Poco dopo il Time, comunicava la notizia dell’avvenuta straordinaria invenzione. Una notizia del genere mise ovviamente in subbuglio studiosi e Accademici di tutto il mondo. L’ottimo, immarcescibile, propellente dei sentimenti tra i meno nobili del genere umano, quali invidie e gelosie incendiarono gli animi di scettici e detrattori.
Dalla Grande Guerra al Ventennio
E’ pur vero, che non doveva essere facile per gli appartenenti a quel mondo, vedersi così scavalcati, da un “pivellino” ventiduenne senza studi adeguati, titoli. Insomma senza arte né parte quale poteva apparire l’inventore italiano, agli occhi di questi ambienti polverosi e sbigottiti. Gli otto brevetti che nel corso degli anni Marconi depositò, furono costantemente impugnati e contestati. A dispetto del Nobel assegnatogli nel 1909. L’amor patrio, fu costantemente ribadito dall’inventore, ricordiamo il suo arruolamento da volontario durante il primo conflitto mondiale. Avendo tra l’altro superato i quarant’anni, ed essendo già un’eminente personalità di livello mondiale. Tra gli innumerevoli riconoscimenti ricevuti, fu nominato Presidente dell’Accademia d’Italia. Istituzione, voluta dal capo del Governo Benito Mussolini, la quale annoverava tra le sue fila, le più eminenti personalità delle Arti e delle Scienze italiane. L’incarico ricevuto, dava diritto a chi ne era titolare di essere membro del Gran Consiglio del Fascismo.
Prima ci provarono gli americani poi i russi
In più foto possiamo vedere,il geniale italiano abbigliato in camicia nera. Le contestazioni alla gloria di Marconi, proseguirono con decrescente credibilità. Fino a circa sei anni dopo il suo decesso avvenuto il 20 luglio 1937 a Roma. La Corte Suprema di Giustizia Americana, investita dalle controversie imbastite dai detrattori dell’inventore italiano,con sentenza del giugno del 1943, riconosceva a Marconi la piena ed esclusiva invenzione della comunicazione senza fili. Pronuncia della Corte Suprema Americana, ammirevole nella sua cristallina imparzialità. Considerando che si parla di un Atto del 1943. Quindi, quando l’Italia e gli Stati Uniti, si combattevano. Nel 1945, alla fine del conflitto, nonostante il Nobel del 1909, la sentenza della Corte Suprema americana, i sovietici si fecero avanti per smentire non Marconi, ma la realtà. Insinuavano, che un fisico russo di fine “800 Alexandr Stepanovic Popov avesse preceduto Marconi nell’invenzione. Ma è lo stesso russo che in uno scritto del 1902, si rivolge a Marconi nei seguenti termini: “A Guglielmo Marconi le pere de la thelegraphye sans fil”. Tutti le hanno provate tutte contro l’inventore italiano. Il 20 luglio 1937, data della sua dipartita, in senso di profondo rispetto nei suoi confronti, fu compiuto un gesto altamente significativo. Le stazioni radio di tutto il mondo in contemporanea interruppero per due minuti le trasmissioni. Quell’etere che Marconi aveva reso “”abitabile” tornava ad essere quel vortice di silenzio che gli è proprio. Quello che ha risucchiato i “sedicenti” di ogni risma. Per sempre. Come giusto che sia.