Case ai rom, proteste anche a Casal de’ Pazzi: «Sono arrivati e hanno occupato tutto»
Un altro quartiere di Roma rischia di essere infiammato dal trasferimento di una famiglia rom in una casa popolare. È Casal de’ Pazzi, periferia Est, non lontana da quella Casal Bruciato agitata dall’arrivo degli Omerovic, la famiglia rom con 12 figli trasferita dal campo La Barbuta. Non si sa se la famiglia di Casal de’ Pazzi sia parente o meno di quella di Casal Bruciato, certo è che il convivente dell’assegnataria si chiama Omerovic pure lui. La donna, invece, fa Osmanic, stesso cognome della famiglia rom che a inizio aprile ottenne un’altra casa a Casal Bruciato, la cui assegnazione fu a sua volta oggetto di proteste dei residenti. Nel caso di Casal Bruciato, invece, proteste pubbliche non ce ne sono state, ma il clima tra gli abitanti del palazzo è tesissimo, anche perché – lontano dai clamori della piazza – nella quotidianità emergono già quei problemi di convivenza paventati da chi si oppone a questi trasferimenti. E con essi tutta la frustrazione di sapere che le assegnazioni ai rom procedono per una corsia preferenziale.
I primi problemi di convivenza
La famiglia che si è trasferita, secondo quanto riferito da Il Tempo che ha dato voce ai residenti, è composta da 9 persone: madre, padre, cinque figli e una coppia di nonni. Ed è stata proprio una residente, Samantha, che vive nello stabile da 8 anni, a raccontare che gli Osmanic-Omerovic, «che hanno detto di essere croati», hanno avuto dal Comune una casa che ha quattro stanze, salone e due bagni. L’assegnazione da parte dell’Ater è avvenuta il 3 maggio, sulla base di una determina comunale del 20 marzo. Ad oggi, però, ha rivelato ancora Samantha «l’appartamento è ancora vuoto: non ci sono mobili, non dormono ancora qui. Vanno e vengono». Eppure già si sono verificati i primi problemi di convivenza, legati al rispetto delle regole condominiali. «Sono arrivati qui con i furgoni e hanno occupato tutto, noi – ha spiegato Samantha – gli abbiamo fatto notare che ognuno nel condominio ha il suo posto auto assegnato e non ci si può allargare solo perché si è usciti a fare la spesa o al lavoro, lasciando il proprio posto auto vuoto».
«Le casette di Castel Romano le hanno distrutte»
«Qui stiamo parlando di persone che non sono abituate a stare in un condominio, con un’altra cultura e quando si adegueranno non si sa», ha aggiunto Samantha, riferendo malumori diffusi nel complesso di via Schopenhauer, dove le preoccupazioni legate alla presenza della famiglia rom non sono di carattere etnico, come viene detto per criminalizzare questo tipo di proteste. «Tutti abbiamo visto come hanno ridotto le casette del campo di Castel Romano, ma quei moduli abitativi sono gli stessi dove abitano ancora i terremotati e guardate che differenza, loro li tengono da conto», è stata l’osservazione di Samantha, la cui frustrazione è montata anche al pensiero dei tanti italiani in difficoltà abitativa che non possono giovarsi delle «graduatorie privilegiate».
Quegli italiani lasciati sempre indietro
«Ma perché questo vale solo per i rom e non per gli italiani», è stata quindi la domanda posta dalla donna e ripetuta, talvolta urlata, in queste settimane dai tanti romani scesi in piazza contro quella che viene avvertita come una ingiustizia sociale indigeribile. «Mio fratello sono otto anni che aspetta una casa e mia mia cognata, che ha un figlio 14enne con problemi seri, vive in regime di semi-autonomia. Vuol dire che esce da una casa famiglia che l’aiuta a pagare l’affitto ma solo fino a giugno, e dopo si troveranno in mezzo a una strada», ha spiegato ancora Samantha, chiarendo che «eppure all’Ater hanno spiegato che lei ha più punteggio dei rom». «Perché allora il Comune di Roma che assegna le case li fa passare avanti?», è la domanda che si pone Samantha. E che, come lei, si pongono tantissimi romani e non solo. E una risposta l’ha fornita un ex consigliere del Municipio 4, Fernando Potasso, che conosce Samantha e il quartiere da sempre: «Devono svuotare i campi nomadi a spese dei romani».