Antifascismo, Lerner e Anpi arruolano i 90enni per istruire le “classi subalterne”

30 Mag 2019 15:45 - di Valeria Gelsi

La veste è quella del progetto di carattere storico, e come tale potrebbe avere un indubbio valore documentale: raccogliere in video interviste le testimonianze degli ultimi partigiani viventi. Ma, visti il contesto e le premesse in cui arriva, sorge il sospetto che anche l’iniziativa Noi, partigiani, promossa dall’Anpi, finisca per diventare l’ennesima chiamata alle armi per un uso strumentale, diviso e quindi deleterio della storia.

La «grande operazione culturale» di Lerner

Nato da un’idea di Gad Lerner e di Laura Gnocchi, anche lei giornalista, che cureranno il coordinamento editoriale e la raccolta delle interviste, Noi, partigiani viene presentato con la volontà «di dare forma ad un memoriale vivo e condiviso, e al tempo stesso di fornire un’importante documentazione ai ricercatori e un moderno strumento di conoscenza storica e democratica alle nuove generazioni. Qualcosa di più, quindi – viene sottolineato – di un monumento celebrativo». Bene, si dirà, finalmente l’Anpi si dedica a qualcosa di sensato e utile. Senonché, l’Anpi è sempre l’Anpi e appare evidente perfino dalla misurata presentazione istituzionale del progetto che l’intento va ben oltre quello della trasmissione di una memoria storica. L’Anpi, infatti, parla di Noi, partigiani come di «una grande operazione culturale per rinnovare nel tempo la consapevolezza che la Resistenza costituisce un passaggio decisivo per la costruzione della convivenza civile e per instillare nella coscienza delle italiane e degli italiani l’imprescindibilità dei valori di libertà, umanità e giustizia».

La chiamata agli antifascisti

Cosa significhi davvero questa formula che cita valori così alti è emerso nel corso della conferenza stampa di presentazione, che ha rende inutile anche dover richiamare la tradizionale attitudine dell’Anpi. Vi hanno partecipato, oltre a Lerner, Gnocchi e alla presidente dell’Anpi Carla Nespolo, anche il partigiano e politico Aldo Tortorella e il segretario della Spi-Cgil (la sezione pensionati del sindacato), Ivan Pedretti. Ed è stato proprio Pedretti a spiegare che «noi pensiamo che questo progetto sia rilevante, e ancor di più in un momento come quello attuale dove si stanno verificando manifestazioni pseudofasciste. Abbiamo tantissimi militanti sul territorio e lavoreremo accanto al giornalista Gad Lerner e all’Anpi per il progetto». È stato Lerner, poi, a spiegare che per la realizzazione di questo «bellissimo progetto di trasmissione della memoria antifascista», che andrà avanti per due anni, sarà necessario l’impegno di «decine di giornalisti e cineoperatori volontari». Dunque, tutto fa pensare che Noi, partigiani nasca per mobilitare e ricompattare il fronte antifascista, più o meno militante, uscito con le ossa rotte dal voto e poi, magari, per dotarlo di una nuova forma di clava, un tantino più raffinata di quelle che si vedono in piazza. Poi, certo, resta sempre da vedere se le “classi subalterne” saranno disponibili a questo tipo di indottrinamento. O se lo rigetteranno come avvenuto finora.

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