Zanotti è arrivato in Italia. Resta il giallo sul rapimento in Siria: le varie ipotesi
Sergio Zanotti è arrivato in Italia. Dopo tre anni di prigionia in Siria, l’imprenditore 59enne bresciano, è libero. A dare l’annuncio il presidente del Consiglio Giuseppe Conte che ha ricordato «la complessa e delicata attività di intelligence, investigativa e diplomatica» necessaria al successo dell’operazione. Ora Zanotti sarà interrogato dai magistrati della procura di Roma che hanno aperto un fascicolo sulla vicenda per sequestro di persona con finalità di terrorismo.
Zanotti, le reazioni
Soddisfazione è stata espressa da tutto il mondo della politica. «Felice per la liberazione di Sergio Zanotti – ha detto il ministro Matto Salvini – l’ennesima operazione che conferma l’efficacia della nostra intelligence. Abbiamo professionisti di grande capacità e che tutelano gli italiani, sia in patria che all’estero». La liberazione dell’imprenditore, ha detto Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera è una bellissima notizia. Straordinario il lavoro svolto in questi anni dai nostri Servizi segreti. Sono felice per le sue figlie e per tutta la sua famiglia: adesso potranno finalmente riabbracciarlo».
Il giallo sul rapimento di Zanotti
Era l’aprile del 2016 quando Zanotti, bresciano di origine ma bergamasco di adozione, spariva al confine tra la Turchia e la Siria per ricomparire solo mesi dopo, il 15 novembre, in un video diffuso su internet dal sito russo Newsfront, inginocchiato davanti a un uomo armato e incappucciato, barba lunga, sguardo terrorizzato, voce incerta mentre chiede al governo italiano di adoperarsi per evitare la sua «esecuzione». Un sequestro strano, si disse subito. Senza richieste di riscatto, senza rivendicazioni, senza segni di riconoscimento particolari adottati dai rapitori, diversamente da quelli che in quegli stessi messi riprendevano i loro ostaggi con indosso una tuta arancione e il coltello puntato sul collo.
L’uomo, 59 anni, era atterrato a Istanbul il 13 aprile di tre anni fa diretto nella provincia frontaliera di Hatay per non precisati motivi di lavoro che avrebbero dovuto trattenerlo all’estero per pochi giorni. Da allora silenzio e poi silenzio fino alla prima clip, postata da un auto-definitosi jihadista di nome Abu Jihad, e poi una seconda, a maggio del 2017, con un nuovo messaggio dello stesso tenore del primo e l’annuncio di un ultimatum.
Le varie ipotesi investigative
Oggi come allora, fonti vicine alle indagini suggeriscono che Zanotti non sarebbe in realtà mai stato nelle mani dell’Isis e neppure tenuto prigioniero nelle zone passate ora sotto il controllo curdo, come si è temuto e si teme invece per padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita rapito a Raqqa il 29 luglio del 2013 e di cui finora, nonostante la disfatta dello Stato Islamico non si hanno notizie. È possibile piuttosto che l’imprenditore bresciano sia stato preso da una banda di criminali, una delle tante in azione nella parte turca del confine bellico, terreno di caccia per bande di predoni e miliziani. In questi anni comunque l’Unità di Crisi della Farnesina si è tenuta regolarmente in contatto con la famiglia, che pure, a parte i due video, non ha più avuto alcun segno di vita. Con il ritorno a casa di Zanotti restano almeno quattro gli italiani di cui non si hanno più notizie, padre Dall’Oglio, Silvia Romano, Luca Tacchetto scomparso in Burkina Faso nel 2018 e padre Pier Luigi Maccalli su cui da 7 mesi c’è silenzio.