Umbria, la Marini se la prende con i suoi: «Pd giustizialista, io scaricata anche perché donna»
Travolta dallo tsunami giudiziario sulla sanità, costretta alle dimissioni, la governatrice dell’Umbria Catiuscia Marini si scaglia contro il suo partito che l’ha scaricata a tempo di record imponendogli, anche se lei nega, il passo indietro politico in vista delle europee. «Pensavo che il Pd del 2019 fosse una forza riformista e garantista, non una comunità di giustizialisti. Mi sbagliavo». È uno sfogo amaro dalle colonne di Repubblica e del Messaggero quello dell’ormai ex presidente della Regione Umbria che non vorrebbe diventare il Marino di Zingaretti, l’ex sindaco di Roma oggi assolto per la vicenda degli scontrini ma all’epoca dello scandalo sfiduciato dal suo partito di fronte al notaio.
L’attacco della Marini al Pd: sono diventati giustizialisti
Nega, però di essere stata costretta al passo indietro dal Pd. «Non è così. Stavo ragionando da un po’ su come ritrovare la libertà di difendermi. Non potevo essere un presidente in carica che si deve proteggere da accuse ingiuste. Rimanere presidente avrebbe limitato le mie possibilità di reagire. Non l’ho fatto per il partito, l’ho fatto per me». Vista l’aria irrespirabile, insomma, la Marini lascia la poltrona per evitare quella che chiama una «una gogna continua». In realtà la giornata di passione che ha portato alle “dimissioni politiche “è stata contraddistinta da lunghe trattative che l’hanno costretta alla resa, dopo aver tentato invano di resistere, con l’invio a Perugia del commissario dem Walter Verini è arrivato a Perugia per recapitarle il messaggio invitatole da Roma («in questo momento è opportuno un passo indietro. Fallo!»). A questo punto l’ex governatrice gioca la carta del senso di responsabilità «l’ho fatto per non essere un ingombro» in vista delle prossime elezioni (Ho grande rispetto per la comunità democratica e per i candidati sindaco delle prossime amministrative. La mia permanenza, forse, avrebbe potuto danneggiarli»).
Glissa sulle intercettazioni che la coinvolgono
«Questa scelta, invece, mi permette di affrontare a testa alta l’indagine: non mi voglio vergognare ad andare in giro per la mia regione, per le città. Chi mi conosce lo sa: non sono attaccata alla poltrona e la mia storia lo testimonia». Come da copione Marini difende a spada tratta «il lavoro di questi anni, non voglio che siano messi in discussione il mio ruolo e la mia onorabilità. Ho sempre combattuto i sistemi di potere e le consorterie. Per farlo sono stata spesso accusata di essere altezzosa. Lo ero a salvaguardia delle istituzioni». Intanto l’inchiesta sulla sanità umbra che la vede coinvolta – e che ha portato agli arresti domiciliari di un suo assessore, del segretario del Pd e di due dirigenti dell’Asl – offre uno squarcio inquietante sul un sistema ben collaudato di concorsi truccati per compiacere i politici. Esibisce una grande tranquillità anche se le intercettazioni la vedono coinvolta in prima persona. «Non ho mai parlato con nessuno del mio decreto per le assunzioni. A dire il vero, vorrei capire bene i contorni dell’inchiesta. Sono tranquilla, lo dico sul serio, voglio solo che emerga tutta la verità. Ecco perché ho deciso di fare un passo indietro».
Mi hanno scaricato perché sono donna
Nella rincorsa all’autodifesa la governatrice si leva l’ultimo sassolino dalla scarpa accusando la dirigenza dem e Zingaretti, che conosce da trent’anni, di averla processata e messa alla porta perché donna. «Se fossi stato un presidente uomo il mio partito si sarebbe comportato alla stessa maniera? Ho letto brutte dichiarazioni e ho notato atteggiamenti che non mi sono piaciuti». Il “nuovo” Pd è accusato di rincorrere la retorica grillina sul giustizialismo. Il riferimento esplicito è alle dichiarazioni di Paola De Micheli, braccio destro del segretario, che si vanta di non aver mai chiesto le dimissioni di Virginia Raggi a Roma. «Ma come si fa? Che politica è questa? Non vorrei che il Pd perdesse la bussola riformista che l’ha contraddistinto finora. Detto questo, rivendico di aver preso la decisione in autonomia. Ma c’è un clima che non mi piace».