Tempi supplementari per la Brexit: la Ue concede alla May altri sei mesi, se ne riparla il 31 ottobre
Ancora uno slittamento per la Brexit. Ancora sei mesi per chiudere la partita tra Londra e il Consiglio europeo. Al termine di sette ore di negoziato notturno, non senza tensione, i capi di Stato e di governo dei 27 hanno trovato l’accordo per concedere a Theresa May un altro mezzo anno di tempo (una nuova estensione dell’articolo 50) per posticipare la data di uscita del Regno Unito dell’Unione, con una clausola di revisione a giugno che secondo i vertici della Ue non servirà a prendere decisioni ma solo per fare il punto. Un compromesso tra la mini-proroga chiesta da Theresa May e quella inizialmente imposta dal presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk che chiedeva uno slittamento di almeno un anno. La nuova scadenza non è casuale: il 31 ottobre è il giorno prima della scadenza della Commissione Ue e dell’insediamento del nuovo presidente. Si prospetta una commedia dell’assurdo: con il posticipo Londra dovrà partecipare alle europee di maggio con il paradosso di entrare in un Parlamento da cui vuole sottrarsi.
Brexit, la Ue concede a Londra altri sei mesi
Tempi supplementari, dunque, dopo aver bruciato la scadenza appena passata del 29 marzo e l’estensione al 12 aprile. La premier britannica aveva chiesto il 30 giugno ma i 27 hanno giudicato i tempi troppo brevi visto le incertezze di Londra. A questo punto le opzioni per la Gran Bretagna sono due: se la May entro il 22 riesce a far passare l’accordo con l’Ue, già bocciato tre volte dai Comuni, allora il divorzio da Bruxelles si consumerà il 1 giugno con una Brexit soft evitando di convocare le elezioni europee previste per il 23 maggio; in caso contrario Londra ha tempo fino al 31 ottobre, ormai ribattezzato Halloween dealine, per decidere cosa fare e i cittadini britannici dovranno recarsi alle urne, due anni e mezzo dopo aver votato per uscire dall’Unione. Il Consiglio europeo insiste però sul fatto che l’accordo di ritiro non può essere rinegoziato. Il fronte duro (Francia, Belgio, Lussemburgo, Austria, Spagna) avrebbe voluto maggiore garanzie dalla Gran Bretagna, un progetto politico, soprattutto dopo le minacce dell’ala estrema di rendere un inferno la vita della Ue. Emmanuel Macron parla di miglior compromesso possibile perché la May possa dialogare con i Labour e trovare una maggioranza per votare l’accordo, la Merkel è soddisfatta puntando i riflettori sul fatto che per la prima volta o 27 hanno trovato l’unanimità «e questo è il punto più importate».
La Gran Bretagna ferma i preparativi per un no-deal
Intanto il governo britannico avrebbe sospeso i preparativi di emergenza per una Brexit senza accordo. A riferirlo oggi i media britannici precisando che una decisione in questo senso sarebbe stata presa nel corso di una riunione presieduta dal capo di gabinetto, Mark Sedwill, stando ad una email di cui SkyNews ha avuto visione. «Assieme al resto del governo abbiamo fermato il nostro piano operativo per il no-deal con effetto immediato», si legge nella mail, indirizzata a tutti i funzionari del governo. Secondo il Guardian, il governo avrebbe provveduto a riassegnare ai rispettivi incarichi 6mila dipendenti pubblici distaccati dai loro dipartimenti di appartenenza per poter preparare il no-deal, per un costo complessivo stimato in 1,5 miliardi di sterline.