Siri, il pomo della discordia: Lega e Cinquestelle si cantano le corna

18 Apr 2019 13:51 - di Valerio Falerni

Neanche il tempo di apprendere la notizia e l’indagine a carico del sottosegretario leghista Armando Siri si trasforma in una tegola pesantissima piovuta sulla testa del governo. Complice certamente il clima elettorale che costringe ciascuno a pensare per sé senza stare a preoccuparsi più di tanto dei guai giudiziari degli altri. Ma qui siamo oltre, siamo allo sventolìo del cappio davanti agli occhi del socio di maggioranza per accentuarne le difficoltà davanti all’opinione pubblica. Il più lesto, una volta tanto, è stato Toninelli, che gli ha revocato le deleghe. Ma è tutto il M5S, Di Maio in testa, ad avventarsi sul sottosegretario indagato e  a farne il capro espiatorio di tutte le frustrazioni subite i questi mesi di governo comune e impietosamente cicatrizzate nei sondaggi di opinione.

Di Maio: «Siri si dimetta»

«Se i fatti fossero questi, Siri dovrebbe dimettersi», premette Luigi Di Maio prima di piazzare il carico da undici: «Il tema non è che un sottosegretario è indagato, il tema è che i fatti sono legati alla mafia». È vero: la mafia c’entra, ma sono gli stessi magistrati dell’accusa a precisare che Siri non era  conoscenza dei rapporti tra il professor Paolo Arata, anch’egli indagato, con l’imprenditore dell’eolico Vito Nicastri, sospettato di essere tra i finanziatori della latitanza del superboss Matteo Messina Denaro. Ma tant’è: inutile invocare il garantismo, il principio della presunzione di innocenza, l’articolo 27 della Costituzione. Siri è indagato e deve dimettersi. L’odore del sangue richiama in servizio anche Alessandro Di Battista, politico a giorni alterni e soprattutto quando gli conviene: «Ho sempre sostenuto questo governo – ha scritto su Fb – , lo sosterrò ancor di più se il sottosegretario Siri si dimetterà il prima possibile perché, come diceva Borsellino, “i politici non devono soltanto essere onesti, devono apparire onesti”».

Salvini: «No, resta al suo posto. Come la Raggi»

La Lega ha capito che il tam tam grillino non si placherà se non con le dimissioni di Siri e corre ai ripari. «Piena fiducia al sottosegretario Armando Siri, nella sua correttezza. L’auspicio è che le indagini siano veloci per non lasciare nessuna ombra», recita un comunicato ufficiale che fissa la linea di una difesa senza sbavature. Il compito di rintuzzare la richiesta di dimissioni è affidato invece a Giulia Bongiorno, che si dice «stupita» dal «giustizialismo a intermittenza con il quale vengono valutate le diverse vicende giudiziarie a seconda dell’appartenenza del soggetto indagato a uno schieramento politico». Ma è da Salvini in persona che arriva la difesa più netta di Siri: «Per quello che mi riguarda – dichiara – lui può tranquillamente rimanere lì a fare il suo lavoro e dico agli amici dei 5 Stelle che non si è dimessa la Raggi che è stata indagata per due anni e quindi in Italia si è colpevoli se si viene condannati». Ma a un mese dalle elezioni per gli “amici” grillini non è così.

 

 

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