Salvini: «Siri non si tocca», Di Maio vuole la ghigliottina in nome della rivoluzione a 5 stelle

24 Apr 2019 11:01 - di Ginevra Sorrentino

Botte (tante) e risposte (ancora poche) sul caso Siri: il sottosegretario leghista indagato per corruzione, risponde all’invito ad assumere una posizione più defilata finché il caso non sarà risolto, le ombre giudiziarie diradate, i dubbi fugati, con una dichiarazione affidata al suo legale e argomentata all’Ansa, in cui obietta: «Siamo pronti a chiarire, qualora fosse ritenuto necessario o anche solo opportuno, nelle rispettive sedi istituzionalmente competenti». Non solo: in base a quanto riferito nelle scorse ore dal Corriere della sera e ripreso, tra gli altri, dal sito de Il Giornale, «il sottosegretario sarebbe pronto a rilasciare “dichiarazioni spontanee” ai pm per “negare” di essere mai stato a disposizione di Paolo Arata o di aver incassato la presunta mazzetta da 30.000 euro per i provvedimenti sul mini eolico. “L’istanza del sottosegretario Armando Siri è stata depositata ai pubblici ministeri di Roma e già nelle prossime ore il senatore leghista potrebbe presentarsi al palazzo di giustizia”, scrive il quotidiano di via Solferino» e riprende il giornale diretto da Sallusti. Dunque?

Siri, cresce la tensione tra Salvini e Di Maio: Conte tirato per la giacca?

Palla a zero e palla al centro, con Di Maio che, mentre gli aggiornamenti sul caso fioccavano sulel agenzia di stampa aveva appena dichiarato ai microfoni de La 7 di non poter accettare che Siri resti al governo, aggiungendo peraltro a stretto giro di augurarsi «che l’incontro di Conte con Siri avvenga il prima possibile», dopo di che «Conte prenderà le sue decisioni: nessuno vuole tirarlo per la giacca. Per quanto mi riguarda – avrebbe concluso il vicepremier – io chiedo a tutto il governo, anche al premier Conte, di invitare Siri a dimettersi». Tempestiva a quel punto, neanche a dirlo, la contro-replica di Salvini che, su posizioni garantiste dal primo istante e fieramente contrario alla condanna mediatica, a sua detta, frettolosamente pronunciata, dichiara a più riprese: «Noi siamo assolutamente tranquilli, abbiamo piena fiducia nell’efficienza e nella rapidità della magistratura italiana. Detto questo, in uno Stato di diritto si è colpevole se si è condannati non se si finisce sui giornali». Una posizione ribadita più volte negli ultimi giorni, e confermata dalla risposta alla domanda relativa al fatto che Siri resti al suo posto, a cui il titolare del Viminale  risponde: «Per quel che mi riguarda assolutamente sì». Dunque?

Dunque il governo ha le ore contate? Il M5S evita di rispondere…

Dunque, mentre Di Maio, bacchettato dal premier Conte, nega di voler aprire una crisi di governo, di fatto fa di tutto per istituzionalizzarla, mentre sul fronte contrapposto l’alleato Salvini continua a ostentare tranquillità e a ribadire di avere «piena fiducia nella velocità e nell’imparzialità della magistratura». Ma da questo orecchio il M5S continua a non voler sentire e ancora stamattina, in un’intervista rilasciata al Corriere della sera, alla domanda se davvero questo esecutivo abbia o meno i giorni contati, ha tentato di rispondere il ministro Giulia Grillo, sostenendo che, «le dimissioni del sottosegretario Armando Siri sono un atto dovuto»; che «Conte saprà come muoversi» e rifiutandosi, di fatto, di rispondere alla domanda che circola insistentemente in questi giorni: il governo, le viene chiesto, ha i giorni contati? «Non lo so – risponde la ministra – è un’esperienza nuova. Questo governo è il frutto dell’unione tra una forza politica non ideologica, il M5S, e una forza con valenza ideologica, la Lega, di destra. I conflitti ci sarebbero stati anche col Pd. Le posso assicurare però che quando dobbiamo lavorare sul contratto di governo noi siamo molto affiatati, quando invece c’è da mettere i puntini sulle i diventiamo affilati». Va bene, si sa: ma torniamo al caso Siri: oltre a ripetere a vuoto lo slogan «onestà, onestà», il M5stelle voterà la mozione di sfiducia al governo, presentata dal Pd e incentrata sul caso Siri? L’interrogativo ronza nell’aria, rimbalza sui social,riecheggia alla radio dove, per esempio ai microfoni di Rtl 102,5 il ministro delle infrastrutture Danilo Toninelli, spiegando che il ritiro delle deleghe al sottosegretario leghista è stato fatto per «tutelare Siri, permettergli di impegnare tutte le energie per dimostrare di essere innocente e di tornare in squadra a lavorare», rilancia:«Gli diamo la possibilità di dissipare questa ombra». tutto chiaro? Non per tutti, e sicuramente non per il segretario del Pd Zingaretti che, sul caso del sottosegretario Armando Siri coinvolto nella nota inchiesta torna a sottolineare: «La mozione di sfiducia che abbiamo presentato al Senato serve a smascherare l’ambiguità dei 5 stelle anche su un tema delicato come la lotta alla mafia. Una volta votata sarà tutto più chiaro». Nel frattempo, però, la tensione tra Salvini e Di Maio aumenta a dispetto delle dichiarazioni ufficiali: e tra i due separati in casa aumenta il gelo ogni ora che passa…

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