Ricerca, “decoder” traduce pensieri in parole: speranze per chi le ha perse
Chi ha “perduto” le parole può ora sperare di “ritrovarle” presto. La speranza di tornare ad esprimersi attraverso il linguaggio sta tutta in una “protesi vocale”, cui gli scienziati hanno affidato la missione di neutralizzare gli effetti devastanti prodotti da un ictus, una malattia o un incidente in particolare sull’uso della parole. Alcuni ricercatori dell’università della California di San Francisco (Ucsf) hanno messo a punto un dispositivo in grado di decodificare i segnali cerebrali e trascriverli in frasi pronunciate da un computer. La tecnologia, testata al momento su persone in grado di parlare, è stata presentata in un articolo su Nature dal docente di neurochirurgia Edward Chang, componente del Weill Institute for Neuroscience dell’università americana. Attualmente esistono già dispositivi che aiutano i pazienti a comporre parole o lettere, attraverso il movimento degli occhi o della testa. Anche lo scienziato Stephen Hawking, paralizzato da una forma di sclerosi laterale amiotrofica, ne utilizzava uno per comunicare e lavorare. Ma si tratta di strumenti “lenti” che, in media, permettono di utilizzare dieci parole al minuto contro le 150 normalmente possibili per chi può parlare.L’interfaccia messa a punto dagli scienziati Usa punta a trasformare i segnali cerebrali in una voce sintetizzata, rendendo tutto più veloce e consentendo una qualità della vita più elevata.