Processo di Bologna, in aula i video che cercano di incastrare i “neri” ma che allungano solo i tempi

12 Apr 2019 13:15 - di Massimiliano Mazzanti

Caro direttore,

l’altro giorno, all’ennesima udienza per il processo a carico di Gilberto Cavallini, apparentemente non è successo nulla d’importante. Una grafologa ha chiesto una proroga per completare la sua perizia e il presidente della Corte, Michele Leoni, ha deciso di far proiettare in aula – il prossimo 22 maggio – l’ormai famoso filmato girato poco dopo l’esplosione della bomba alla stazione di Bologna, il 2 agosto del 1980. Apparentemente nulla di significativo, poiché è chiaro come in quel filmato, girato da persone attive nell’ambiente culturale dell’allora giunta comunale, non ci possa essere niente d’interessante per le indagini e per l’accertamento della verità: nonostante i suoi 91 anni, Gian Paolo Testa, una delle persone che si prodigò per girare quelle drammatiche immagini, ricorda abbastanza bene quei frangenti: raggiunto dalla notizia dell’attentato, mentre era nel suo ufficio in zona fiera, si precipitò assieme ad altri a Palazzo d’Accursio e solo dopo averne parlato in Comune con qualcuno rimediò l’attrezzatura per filmare la scempio compiuto dai terroristi. In buona sostanza, quel “girato” è di almeno un’ora e mezza, se non di due ore e più, successivo alla deflagrazione e, chiunque fosse stato a collocare la bomba, certamente era già fuggito lontano. Per altro, essendo fin troppo chiaro come le parti civili e, forse, anche il presidente della Corte, sperino ardentemente di cogliere tra i volti ripresi quello di qualche noto “eversore nero”, andrebbe sottolineato quanto sia assurdo immaginare che, se anche si fosse trovato lì per caso qualche terrorista o qualche noto latitante, una volta successo quel che successe, non si sarebbe comunque allontanato pur di non incappare nelle forze dell’ordine. C’è chi sostiene che, forse, quelli che si cercano sono i volti di qualche elemento dei “servizi segreti” presente alla stazione di Bologna; anche in questo caso, però, lo sforzo è degno di miglior causa: certamente gli agenti del Sisde e del Sismi che il 2 agosto erano attivi sotto le Due Torri saranno accorsi sul luogo dell’attentato, altrimenti che razza di agenti sarebbero stati? Dunque, a cosa serve allungare oltre modo il dibattimento, esplorando piste e ipotesi che, più che sterili, appaiono grottesche e non sembrano proprio testimoniare a favore dell’arguzia di chi insiste a discuterne? “A pensar male, si fa peccato, ma spesso ci si prende” e in questo caso la malizia porta a credere che magari a qualcuno non dispiacerebbe che la sentenza di questo processo fosse emessa a cavallo della ricorrenza della strage, dilatando a dismisura l’effetto propagandistico di un procedimento penale che assume vieppiù connotati sempre nuovi, ma anche distanti da quelli che dovrebbero caratterizzare il così detto “giusto processo”.

 

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