Palermo, Orlando regala ai rom una villetta confiscata alla mafia: hanno già acceso un rogo…
Il caso dei campi rom scuote anche Palermo, anche se per ora la situazione tende a rimanere sotto controllo. “Pensa che ci faranno rimanere qui?”. A chiederlo è Jonny, 17 anni, uno dei componenti della famiglia rom di 14 persone che da ieri vive in una villetta confiscata alla mafia di via B.C. 23, una traversa di via Messina Montagne. Ad assegnare a questa famiglia la casa, al momento senza luce e senza acqua e con rifiuti sparsi tra le stanze e il giardino, è stato il Comune guidato da leoluca Orlando dopo lo sgombero del campo di viale del Fante. Siamo a Ciaculli, alla periferia di Palermo, su una strada che da via Montagne sale per 800 metri tra terreni coltivati e qualche casa. Qui vivono una decina di famiglie, una cinquantina di persone, più i proprietari dei terreni che ogni giorno vengono a lavorare. E i rom qui non li vogliono. Ad accendere la miccia è stato l’incendio divampato ieri nella villetta, quando per eliminare una parte dei rifiuti trovati in casa hanno pensato di bruciarli. “Papà non c’era – racconta Daniela, 29 anni, una dei nove figli di Slobodan Iovanovich, il capofamiglia – Ho acceso il fuoco perché c’era troppa immondizia ma chiedo scusa ai vicini per averlo fatto”. “Non daremo fastidio, mi scuso mille volte per quello che è successo” dice il capofamiglia. Ma per i residenti di via B.C. 23 l’incendio è stato solo un primo segnale di quello che potrebbe accadere.
“Non è una questione di razza – spiega Salvatore Cerrito, residente in questa strada – L’integrazione non può avvenire piegando i residenti di un territorio, senza ascoltarli. Hanno portato in una casa di due stanze una famiglia di 14 persone e chissà quanti ne verrano perché sappiamo che la cultura dei rom è di vivere in clan”. Per domani mattina gli abitanti di via B.C. 23 hanno organizzato un’assemblea per discutere del “problema” e non escludono manifestazioni, come quella di bloccare la strada. “Siamo in una zona abbandonata, così non si fa altro che aggiungere degrado al degrado – afferma Cerrito – Chiedo al prefetto se ci sono le condizioni minime di sicurezza. Non voglio fare discriminazioni ma chi ci garantisce che questa gente non entra nelle nostre case… E’ così che si creano le condizioni di odio sociale”. Meglio, dicono, sarebbe stato se si fosse trattato di una famiglia più piccola, quattro-cinque persone al massimo. Meglio ancora se fossero stati palermitani. “Magari sono brave persone – dice Giuseppe Mazzola – ma non lo sappiamo. Chiediamo almeno una maggiore presenza delle istituzioni”. Slobodan, 61 anni, qui però vorrebbe rimanerci. “Ho parlato con alcuni di loro – racconta – gli ho garantito che non daremo fastidio, che possono stare tranquilli. Non siamo mica cannibali…” dice sorridendo. La villetta è meglio delle baracche in cui hanno vissuto per venti anni. Anche se non è proprio tutto rose e fiori. Lui, sua moglie, i nove figli e i nipoti, tra cui un bimbo di 4 anni e un altro in arrivo a maggio, da ieri dormono in una casa senza luce e acqua. “Sono contento di essere qui – dice – ma non ci devono abbandonare. Non ci possiamo lavare, non abbiamo luce”. Da giovedì hanno cercato di sistemare questa casa che, raccontano, hanno trovato piena di rifiuti. Così fra i loro mobili, vestiti, suppellettili, frigo e macchina del gas – arrivati con ben otto camion – ci sono anche cataste di vecchie sedie, mobili rotti e rifiuti di vario tipo. “Non possiamo vivere così. Ci servono acqua e luce, non possiamo lavarci” dice Slobodan, che si lamenta per non aver visto né sentito nessuno dal Comune. “La casa non è grandissima ma sono contento – conclude – Appena avremo finito di pulirla, penserò al terreno: mi metto a coltivare pomodori e verdure”.