La salute è questione troppo seria per lasciarla alle Regioni. Questo dice lo scandalo Pd
L’eco dello scandalo dei concorsi truccati che ha travolto il vertice del Pd umbro rimbomba fragorosamente nei palazzi romani. Il ministro della Salute, Giulia Grillo, ha convocato l’unità di crisi con l’obiettivo di effettuare verifiche tempestive. «Cacceremo le mele marce, subito, perché non può esserci salute senza legalità», è stato il suo commento. Sarà. Nel frattempo, la vicenda umbra pone non pochi altri interrogativi. Punti di domanda che vanno ben oltre le fetenzie penali di cui si occuperanno i magistrati e ai quali la politica dovrà dare risposte convincenti una volta per tutte. A maggior ragione ora che si continua a strologare di autonomia regionale, il cui piatto più prelibato – guarda caso – è proprio la gestione della sanità. Fotografia più fedele dello scandalo umbro non v’è per rendersi conto quali devastanti conseguenze produca l’affidamento della salute dei nostri malati e la selezione dei medici che dovranno prendersene cura agli spudorati maneggi clientelari in cui eccelle, tranne qualche lodevole eccezione, il personale politico regionale. È soprattutto questo e non solo la differenza del costo delle siringhe tra Nord e Sud il primo aspetto in tema di sanità. Si può dire o è un’offesa a Sua Maestà l’Autonomia che questo tipo di politica deve girare al largo dalla salute dei cittadini? Ma le vediamo o no le liste elettorali inzeppate di medici che saltano come quaglie da un partito all’altro e pur sempre in linea con quello del governatore pro-tempore? Possiamo mai fidarci di medici arruolati per fedeltà di tessera e poi spediti in ambulatori ed ospedali a curare la nostra salute? Sono questi i veri, angoscianti, interrogativi che lo scandalo umbro targato Pd pone alla politica. E che fanno capire ai cittadini che la salute è questione troppo seria per lasciarla alle regioni.