Il reddito di cittadinanza parte col piede sbagliato: c’è un errore nella legge

5 Apr 2019 12:27 - di Redazione
Svimez

La questione è complicata, ma la notizia è certa: la legge 26 che istituisce il reddito di cittadinanza è sbagliata. Lo scrive Repubblica nell’edizione odierna e finora non stata smentita, né da Palazzo Chigi a nome del governo né da Luigi Di Maio nella sua doppia qualità di ministro competente nonché capo politico del M5S, il partito che ha fatto di questa misura la propria bandiera identitaria. Il cuore normativo del pasticcio si troverebbe al comma 4 dell’articolo del provvedimento, quello che fissa la scala di equivalenza per calcolare quanto di reddito di cittadinanza spetta a ciascuna famiglia. Nei passaggi parlamentari di Camera e Senato, entrambi scanditi da due voti di fiducia, rispettivamente il 21 e 27 marzo scorsi, nessuno si è accorto del pastrocchio, intenti com’erano a dar fiato alle trombe della propaganda.

Testi diversi tra Parlamento e Gazzetta

Talmente Di Maio e compagni erano certi del buon esito del lavoro fatto sul reddito di cittadinanza da chiedere e ottenere dalla competente commissione di Montecitorio, il 14 marzo scorso, alcune modifiche per dare qualche soldo in più ai nuclei familiari più numerosi. Ora è tutto da rifare, dal momento che il testo pubblicato nella Gazzetta Ufficiale esclude dal calcolo del sussidio i componenti del nucleo familiare maggiorenni degli aventi diritto riservandolo solo ai minori e ai disabili. Comparando i due testi, quello contenuto nel decreto, e quello pubblicato in Gazzetta, la dissonanza è evidentissima. Il primo infatti disponeva, testualmente, che «il parametro della scala di equivalenza è pari ad 1 per il primo componente del nucleo familiare ed è incrementato di 0,4 per ogni ulteriore componente di età maggiore di anni 18 e 0,2 per ogni ulteriore componente minorenne, fino ad un massimo di 2,1». La legge pubblicata in Gazzetta, invece, esclude dal contributo i componenti del nucleo familiare che hanno superato la maggiore età. Stabilisce, infatti, che «il parametro della scala di equivalenza è pari a 1 per il primo componente del nucleo familiare ed è incrementato di 0,4 per ogni ulteriore componente di minore età, fino ad un massimo di 2,1, ovvero fino a un massimo di 2,2».

A rischio l’assegno del reddito di cittadinanza

A complicare ulteriormente le cose, il fatto che il modello di presentazione della domanda per accedere al reddito di cittadinanza rintracciabile sul sito dell’Inps sarebbe in contrasto con la legge riportando ancora la possibilità di inserire tutti i componenti del nucleo familiare sia minori sia maggiorenni. Morale: l’errore mette a rischio l’erogazione del reddito di cittadinanza agli 845mila che ne hanno fatto finora domanda e che dovrebbero ricevere risposta entro il 15 aprile. Gli stessi che avrebbero dovuto percepirlo alla fine dello stesso mese o all’inizio di maggio. Per Di Maio, che vorrebbe venisse erogato prima delle elezioni europee, un’altra tegola. La più pesante.

 

 

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