Garante della Privacy, Authority e Parlamento lavorino in armonia con buona pace di Casaleggio

10 Apr 2019 11:59 - di Claudio Manganelli*

In questi giorni si è aperto il fuoco su un nuovo bersaglio: il Garante della Privacy. Improvvisamente si è scoperto che la politica ha ruolo nella nomina del collegio. Ma chi lamenta questa circostanza si è letto bene le regole di nomina del presidente e dei componenti? È stato così sin dall’inizio; il fatto stesso che i quattro membri fossero eletti 2 a 2 dalle due Camere la dice lunga.

L’equilibrio politico nelle decisioni era affidato all’esperienza e alla saggezza dei nominati e nessuno dei quattro che formarono il primo collegio prendeva ordini dal partito di riferimento: nemmeno Stefano Rodotà che, pur ex deputato, aveva per sua natura caratteristiche atipiche di casacca partitica.

Ciò malgrado numerose volte le delibere prese erano frutto di intense discussioni e conseguenti mediazioni. Ciò è facilmente rilevabile dai verbali di assemblea che il Segretario Generale era tenuto a redigere e conservare e noi a firmarli.

Ma dopo il primo periodo di vita di questa autorità le cose sono cambiate: i partiti si sono convinti che quei quattro posti del collegio potevano esser utili come liquidazione per quei deputati o senatori che non erano più utili alla politica attiva e al primo rinnovo è nato il caso di nomina non consona alle specifiche indicate. E così si è proseguito in ogni successiva designazione.

Cosa sia successo ora nel caso contestato da Davide Casaleggio (per la multa da 50mila euro al sistema Rousseau, ndr) non è molto chiaro ma non possono esservi dubbi sulla obiettività della delibera del Garante: per conoscerne il dibattito interno che la avrà preceduta bisognerebbe leggerne i verbali.

Una cosa però è certa: come in tutte le decisioni umane non esiste la infallibilità dei giudizi.

Per avvicinarsi il più possibile a questa sarebbe necessario mettere nuovamente mano ai criteri di nomina del collegio ma, soprattutto, rispettarli.

Vorrei qui ricordare brevemente che la normativa che nel lontano 1996 istituì in Italia una legge sulla protezione dei dati personali tradusse il principio europeo estendendone la portata anche alla persone giuridiche e fissò le regole base su realtà che nel mondo reale erano difficilmente applicabili: nei primi quattro anni di vita del Garante ne conseguì un duro impegno ad adattare quelle regole al modo di funzionare della società reale italiana.  Questo modo di funzionare si modifica di giorno in giorno con l’evolversi delle tecnologie innovative e delle organizzazioni socioeconomiche.

Quindi Autorità e Parlamento dovrebbero lavorare in sintonia nei rispettivi ruoli.

*già componente il collegio del Garante della Privacy

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