Faccia a faccia a sorpresa tra Conte e Siri. È l’ennesimo giorno della verità sulle dimissioni

30 Apr 2019 11:40 - di Eugenio Battisti

Potrebbe essere il giorno decisivo per la sorte del sottosegretario leghista Armando Siri, indagato per corruzione nell’inchiesta sugli appalti nell’eolico, e al centro dell’ennesimo braccio di ferro tra Salvini, fermo nella difesa a oltranza e Di Maio che insiste da giorni con la richiesta di dimissioni dopo che il ministro Toninelli si è precipitato a togliergli le deleghe. A sorpesa in serata Giuseppe Conte, che finora aveva temporeggiato deciso ad aspettare gli sviluppi delle indagini, ha incontrato Siri per il chiarimento annunciato. Bocche cucite, per ora, sui contenuti del faccia a faccia. «Deciderò in autonomia, consapevole che non sono un giudice», ripete il premier che oggi incontrerà i suoi vice a Tunisi al vertice intergovernativo Italia-Tunisia. Sarà il primo faccia a faccia a tre dopo il burrascoso consiglio dei ministri sul SalvaRoma che ha registrato lo scontro più forte tra Salvini e Conte. I due avranno un primo “assaggio” nel volo di stato che li porterà nella capitale nordafricana mentre il vicepremier pentastellato ha preferito raggiungere Tunisi direttamente da Varsavia.

Caso Siri, il redde rationem in consiglio dei ministri

Alle 21, al rientro dalla missione tunisina, è previsto il Consiglio dei ministri che avrà sul tavolo, accanto ad altri dossier complicati,  la patata bollente di Siri con l’ipotesi di dimissioni che, per quanto categoricamente esclusa dall’interessato («se non mi vogliono nel governo, devono cacciarmi») potrebbe essere l’unica via d’uscita per evitare il corto circuito nel governo. Intanto i  5Stelle non mollano con Di Maio che esclude categoricamente la strada dell’autosospensione definendola una presa in giro, «esistono le dimissioni, poi se sarà prosciolto potrà tornare, chiediamo a Siri di mettersi in panchina finché l’inchiesta non sarà conclusa». Salvini, dal suo conto, non si sposta di un centimetro e reagisce stizzito al quotidiano pressing giustizialista degli alleati grillini e tutta la Lega fa quadrato intorno al suo uomo. «Quando c’è un’inchiesta è giusto che una forza politica si interroghi, e valuti per esempio la gravità dell’indagine portata avanti per fare le proprie scelte», ha rincarato la dose il ministro grillino Alfonso Bonafede, «sono garantista però l’indagine di cui parliamo è un’indagine grave, perché parliamo di corruzione, di collegamenti con la mafia. Le persone coinvolte sono presunte innocenti, non ci sono dubbi, però il ruolo di sottosegretario è un ruolo molto importante. Si tratta di una questione morale».

«Se mi vogliono fuori dal governo, devono cacciarmi»

Dopo l’accordo tra i pubblici ministeri dell’inchiesta (che vede coinvolto anche l’imprenditore Paolo Arata) e i legali dei due ingagati per mantenere segreto ogni atto dell’indagine per evitare fughe di notizie e compromissioni politiche in un clima già avvelenato, il sottosegretario leghista conta sui tempi stetti ed è pronto a resistere al guanto di sfida lanciato dagli avversari. Nessun passo indietro volontario, «se mi vogliono fuori dal governo devono cacciarmi», ripete Siri che – come ha anticipato il suo legale – si presenterà spontaneamente davanti ai pubblici ministeri solo dopo l’interrogatorio di Arata che dovrà chiarire come mai, riferendosi al sottosegretario, nelle conversazioni intercettate parlava di soldi in cambio di favori ottenuti per accedere agli incentivi previsti dal mini-eolico.

Commenti

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  • NESTORE 30 Aprile 2019

    Salvini se vuoi continuare a esistere lascia mandali tutti a quel paese e la faersa di questo governo grottesco.

    Sei al 30% non tornare al 10% anche al centro/NORD.