«Così arrestammo Mario Moretti»: parla lo 007 che catturò il capo delle Br

4 Apr 2019 13:54 - di Redazione

A quasi 40 anni di distanza, vengono svelati per la prima volta i dettagli dell’arresto di Mario Moretti, l’ex capo delle Br il cui nome è indissolubilmente legato al rapimento e all’omicidio di Aldo Moro, del quale si assunse la responsabilità. Era il 4 aprile 1981 quando la primula rossa delle Brigate rosse venne fermata da un ufficiale del Sisde, A. M., il quale ora rivela cosa avvenne nel momento della cattura e come ci si arrivò. «Mi chiamo Moretti Mario e ho due pistole», furono le prime parole che si sentì rivolgere.

«Di Moretti non avevamo neanche la foto»

«Moretti si era recato a Milano per sostenere il reclutamento di nuovi brigatisti che stava effettuando Enrico Fenzi, ideologo delle Br, dopo la frattura che si era creata con la colonna milanese Walter Alasia. Non sapevamo da molto dei loro spostamenti, un collega mi aveva avvisato che ci sarebbe stato l’incontro, io andai con altri due miei uomini, ma non avevamo nulla di pronto e la cosa più assurda è che non avevamo una foto di Moretti», ha raccontato l’ex ufficiale del Sisde in una intervista al Fatto quotidiano. «Decidemmo comunque di intervenire e andò così: io mi appostai in un bar a bere caffè, i miei due fidati collaboratori girarono attorno al luogo convenuto dell’appuntamento», ha proseguito A. M., spiegando che «dal bar notai un uomo robusto che passeggiava con un altro che aveva in mano una valigia, che poi scoprii essere la valigia di Moretti. Decido che devono essere senz’altro loro».

«Mi chiamo Moretti Mario e ho due pistole»

«Pagai il caffè, uscii, in lontananza vidi i miei due colleghi, andai verso il marciapiede opposto a quello sul quale camminavano i due brigatisti, aspettai che andassero avanti, presi a camminare velocemente, li raggiunsi», ha raccontato ancora lo 007, riferendo che «Moretti se ne accorse, si girò di scatto ma riuscii comunque a buttarlo in terra». «”Mi chiamo Moretti Mario e ho due pistole”», furono le parole rivolte dal brigatista all’ufficiale del Sisde, che ha svelato: «Io invece ero disarmato». «Nel frattempo Fenzi era stato bloccato dai miei uomini. Chiesi di ritardare la notizia dell’arresto, ma senza gran successo: uscì qualche giorno dopo mentre erano in corso altre operazioni. Non mi sono mai spiegato – ha concluso l’ufficiale – il perché di presentarsi in quel modo, con prima il cognome. Una forma non certo autorevole per un leader».

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