«Candidabile chi ha inneggiato al fascismo». Polemiche in Antimafia, all’attacco vanno i soliti partigiani

2 Apr 2019 10:11 - di Lucio Meo

Ma che c’entra la mafia con il fascismo? Domanda legittima, ma che a sinistra trova sempre la solita risposta: il fascismo, l’ossessione di tanti, c’entra sempre, anche quando c’è da escludere dalle liste i “mafiosi”. Ecco che così, quando rispunta il codice etico nella Commissione Antimafia, in vista delle prossime Europee, scoppia la polemica per un emendamento che esclude dagli “impresentabili” i condannati per reati legati all’apologia del fascismo, sulla base della legge Mancino.
Ieri, alla Camera, il testo modificato con l’emendamento a firma Cantalamessa (Lega) e Giarrusso (M5S), è stato approvato in commissione Antimafia e deve approdare successivamente un aula. Contro quella che viene considerata da sinistra una sanatoria  per “graziare i candidati condannati per discriminazione razziale, etnica e religiosa, per apologia di fascismo e per diffamazione”, oggi Repubblica imbastisce un lungo articolo polemico nel quale, manco a farlo apposta, i primi a essere interpellati sono i partigiani dell’Anpi. «`È un’oscenità giuridica, politica e morale perché assolve il razzismo», tuona Carla Nespolo, dell’Anpi. «Mezza classe dirigente della Lega è di origine post fascista e missina. Ecco allora che Lega e M5stelle in Parlamento vogliono togliere dai motivi di impresentabilità i reati di apologia di fascismo e di discriminazione razziale, etnica e religiosa. Hanno paura di perdere candidati per le europee e le amministrative», scrive su Facebook il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi.

La posizione della maggioranza viene però chiarita bene da un autorevole esponente grillino, il presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra, non certo un leghista o un fascista, anzi, vicino alle posizioni sinistroidi di Roberto Fico. «Noi siamo la commissione Antimafia, abbiamo valutato i reati commessi da chi è condannato per il 416bis e non per altro… in un curriculum mafioso non ci sono quasi mai reati legati alla violazione della legge Mancino, non valutiamo reati di odio e di opinone, l’emendamento è frutto della riflessione fatta a gennaio dopo che l’ex ministro Orlando ci ha invitati a riconsiderare i reati di opinione, facendo l’esempio delle querele temerarie. Comunque, nessuno Riina o Porvenzano sono mai stato condannati per quel tipo di reato, ecco perché nel codice non ci stanno…». Questione chiusa?

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *