Verona, transfemministe in piazza: ecco a voi il corteo delle fake news. Capeggiato da Boldrini (video)

30 Mar 2019 17:41 - di Eleonora Guerra

In 20mila per le forze dell’ordine, in 40mila per gli organizzatori. Intorno al corteo di Verona contro il Congresso mondiale delle famiglie si registra il solito balletto di numeri. Ma, qualunque cifra si voglia prendere in considerazione, bisogna registrare che anche stavolta una bugia ripetuta un milione di volte si è trasformata in una verità. O, più correttamente, ha indotto molti a credere che lo fosse. Il corteo delle transfemministe, dei sindacati, della sinistra più scalmanata che ha sfilato in centro città, infatti, si basa su una serie di fake news pompate ad arte dagli organizzatori, che parlano di dignità della donna, libertà e diritti ma poi sono i primi a negare.

La bufala sull’abolizione della 194

Fra le fake news più propagandate dai partecipanti al corteo vi è quella secondo cui il Congresso delle famiglie vorrebbe l’abolizione della 194, perché considerano «l’aborto un omicidio». In realtà, come ha spiegato lo stesso promotore del Family Day, Massimo Gandolfini, ciò che si chiede è la piena applicazione della legge, ovvero che le donne vangano messe davvero in condizione di scegliere se abortire o meno. «Non siamo contrari alla libera scelta, ma questa è tale se vengono applicati anche i primi cinque articoli che prevedono di rimuovere le cause economiche per la quale la donna sceglie l’aborto. Noi diciamo che la legge 194 va applicata tutta», ha ripetuto Gandolfini, con parole che non lasciano possibilità di equivoco. Da quell’orecchio però le transfemministe non sembrano sentirci e così al loro corteo era tutto in pullulare di cartelli e slogan sul fatto che «l’aborto è un diritto» e «la 194 non si tocca».

Gli omosessuali hanno diritto solo di partecipare al Gay Pride

Un’altra fake news riguarda il presunto oscurantismo del Congresso, che – sostengono – vorrebbe negare diritti e libertà. Ora, per rigirare l’accusa contro chi la muove, basterebbe ricordare che i rappresentanti della piazza veronese hanno fatto il diavolo a quattro per impedire che l’assise si svolgesse. Ma vale la pena invece ricordare tutte le volte che il presunto fronte dei diritti e della libertà ha urlato allo scandalo per un manifesto che diceva che la famiglia è composta da madre, padre e figli. Tacciandolo di omofobia e imponendo la censura. Lo stesso tentativo che c’è stato nei confronti del Congresso delle famiglie e che, fallito, ha portato alla criminalizzazione più feroce. Peccato che perfino il vescovo di Verona, Giuseppe Zenti, sia arrivato all’incontro rivendicando, sì, che la famiglia è una sola, ma riconoscendo «dignità» anche a chi vive altri tipi di «unione» e stigmazzando l’omofobia. Non solo, al Congresso delle famiglie è intervenuto anche Sandro Mangano, coordinatore del dipartimento Diritti Civili di Diventerà Bellissima, dichiaratamente gay, che ha spiegato: «Non ho sentito temi di odio, né percepito discriminazione contro il mondo omosessuale, ma solo l’affermazione di punti di vista che essenzialmente reputo condivisibili». In compenso, Mangano è stato minacciato e insultato da chi riteneva che non dovesse essere lì. Perché, evidentemente, se sei gay l’unica libertà che hai è quella di partecipare al Gay pride.

Lavare i piatti è lesivo della dignità, ma l’utero in affitto va bene

C’è però un argomento su tutti che rappresenta la pietra tombale sulla credibilità della piazza anti-famiglia di Verona: l’utero in affitto. Per il movimento transfemminista, che per inciso ritiene che il maschio bianco eterosessuale sia la fonte di tutti i mali dell’umanità, è una pratica lecita, anzi benemerita. Non uno sfruttamento del corpo della donna e nemmeno una pratica classista di ricchi che approfittano dello stato di necessità di donne e famiglie povere (spesso le madri surrogate hanno già figli e si prestano alla gestazione per altri per sfamarli). Tra le attività svolte dalle transfemministe a Verona c’è stato anche un flash mob con mani in alto e guanti di gomma colorati indosso per scagliarsi contro l’idea che una madre possa stare (anche) in cucina a lavare i piatti. Quello – è il diktat ideologico – è lesivo della dignità della donna. Invece, portarle via un figlio appena partorito va bene. Non a caso, in testa al corteo c’erano le due campionesse di queste tesi: Laura Boldrini, che ritiene offensivo per una donna servire la cena in tavola alla sua famiglia, e Monica Cirinnà, che nelle sue azioni istituzionali si è (giustamente) sentita in dovere di tutelare i gattini dal distacco prematuro da mamma gatta, ma che poi sogna un mondo in cui l’utero in affitto sia pratica legale e normalizzata.

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