Tav, il governo rischia l’implosione. E Salvini l’incriminazione per la “Diciotti”
La sirena Berlusconi non incanta Matteo Salvini. Seppur con garbo, dai microfoni di Rtl 102.5, il vicepremier ha infatti decisamente declinato l’invito del Cavaliere a staccare la spina al governo Conte per poi volare a nuove elezioni che, sondaggi alla mano, quasi certamente lo incoronerebbero premier in quota al centrodestra: «Ringrazio Berlusconi per la stima – ha premesso Salvini -, ma mi piace fare quello che sto facendo e quindi non ho ambizioni personali e comunque la parola data viene prima di qualunque sondaggio e di qualunque ambizione personale. Non sento sirene e lusinghe che mi dicono fai qui fai di là». Non è la prima volta che Berlusconi chiede all’antico alleato di tornare in coalizione e sempre l’antico alleato ha risposto picche. Ma questa è lecito pensare che il leader di Forza Italia abbia sperato in un esito diverso alla luce del reciproco cannoneggiamento delle ultime sulla questione Tav che ha portato il governo sull’orlo della crisi.
Tav, resa dei conti tra Salvini e Di Maio rinviata a lunedì
A parole, sia Di Maio sia Salvini negano che la Tav possa condurre alle dimissioni dell’esecutivo, ma è vero che le posizioni di Lega e M5S appaiono sul punto inconciliabili: la prima è per il “sì” all’opera: la seconda vi oppone un insuperabile (almeno all’apparenza) “no”. E se Di Maio ha definito «irresponsabile» prospettare la crisi, Salvini ha lanciato la sfida a chi, tra loro due, «ha la testa più dura». Toni e intensità mai raggiunti prima d’ora. Segno che qualcosa si è rotto o si sta rompendo. Di certo a Salvini non è piaciuto che, invece di mediare tra i due litiganti, Conte abbia pubblicamente manifestato dubbi sull’utilità della Tav. Una scelta di campo mai compiuta in passato con tanta nettezza. Anzi, a dispetto della sua estrazione grillina, il premier ha finora addirittura ostentato un’accorta equidistanza tra i due. Ora, invece, si è schierato.
Il M5S potrebbe dire sì al processo al leader leghista
Salvini si è limitato a registrare e per ora sembra intenzionato a rinviare la resa dei conti: «Nessun vertice di governo oggi, io vado a Milano. Ne riparliamo lunedì», ha fatto sapere a margine di una conferenza stampa al Senato. Nessuna dichiarazione, ma solo una battuta sulle dichiarazioni di Di Maio: «È un uomo, oggi parlo solo di donne». Ma lunedì è anche il giorno in cui scadono i bandi per la Tav. Se il governo non li pubblica, l’opera non sarà mai realizzata. Intanto la Francia preme per farla e così l’Ue. A tentennare resta solo il governo italiano. Ma il M5S sente di avere l’asso giusto nella manica: a fine marzo, infatti, il Senato vota sull’autorizzazione a procedere contro Salvini, accusato di sequestro di persona dal Tribunale dei ministri per aver bloccato lo sbarco di una quarantina di migranti raccolti in mare dalla nave Diciotti. In giunta, il M5S votò contro dopo aver consultato i propri militanti sulla piattaforma Rousseau. È successo solo un mese fa, ma sembra un secolo. Il futuro della Tav, la sorte del governo e il destino personale di Salvini non sono mai stati tanto intrecciati.