Sparò all’accoltellatore di un agente, incriminato. Fsp insorge: quanti poliziotti devono ancora morire?
“Si infierisce su chi operò legittimamente. Quanti poliziotti devono ancora morire?”. Così, Valter Mazzetti, Segretario generale dell’Fsp Polizia di Stato (Federazione sindacale di Polizia), già Ugl Polizia di Stato, in merito all’imputazione coatta per l’agente che a giugno dello scorso anno sparò e uccise Jefferson Tomalà per salvare il collega a Genova. “Un agente vede il collega ferito in modo gravissimo, sanguinante, è costretto a sparare a chi si accanisce su entrambi – spiega Mezzetti -, anche in sede giudiziaria viene riconosciuto che non poteva fare altrimenti, che vedere un altro poliziotto in pericolo di vita non gli ha lasciato altra scelta che mettere mano alla pistola, non avendo altro da usare, che quella difesa fu legittima. Tuttavia il modo in cui l’agente ha agito, legittimamente, non piace, e così lo si precipita in un vero e proprio inferno che gli sta costando tutto sul piano professionale, umano, economico, familiare. Quanti appartenenti alle Forze dell’ordine devono ancora morire perché non si metta sempre in dubbio il loro diritto di difendersi?”. L’ecuadoregno di 22 anni venne ucciso dal poliziotto con sei colpi di pistola durante un tso nella sua abitazione in via Borzoli dopo aver aggredito a coltellate l’altro agente. “Qui non si tratta affatto di sminuire la drammaticità di quanto avvenuto – incalzano dal sindacato – o di non considerare il dolore della famiglia del giovane che è morto e che merita il massimo rispetto possibile. Cosa diversa sono le conseguenze giudiziarie di un gesto che viene riconosciuto come legittimo ma contemporaneamente contestato per via della presunta eccessiva emotività mostrata da un poliziotto che assiste allo squartamento di un collega. Con tutto il rispetto, siamo assolutamente certi che chi si è pronunciato contro il collega a Genova non si sia mai trovato di fronte a una persona alterata che sta facendo a pezzetti un poliziotto con un coltello”.