Tanto rumore per nulla. Ricordate il cosiddetto Russiagate, l’inchiesta sulle presunte interferenze del Cremlino nella campagna elettorale presidenziale americana del 2016 e i pretesi magheggi per favore l’ascesa di Donald Trump alla Casa Bianca? Ricordate le vagonate di «documenti compromettenti», la valanga di «accuse circostanziate», le «rivelazioni scottanti» e tutte le altre castronerie utilizzate di volta in volta per disarcionare “il presidente biondo che fa impazzire il mondo”? A dar retta al solitamente bene informato New York Times, parrebbe proprio che di tanta roba non se ne faccia più niente. Ufficialmente, il procuratore generale William Barr sta ancora esaminando il rapporto stilato da Robert Mueller, il consulente speciale che passato i suoi ultimi due anni a raccogliere e ad esaminare ogni elemento utile ad incriminare Trump con accuse assai gravi, anzi la più grave che potesse essere mai rivolta ad un presidente Usa: intelligenza con il nemico.
Nel 2016 Trump non vinse grazie a Putin
E quale nemico, poi: quello russo addirittura, erede storico dell’«Impero del Male», secondo la definizione che Ronald Reagan diede dell’allora Unione Sovietica. In una lettera inviata ai leader del Congresso, Barr ha detto che potrebbe informarli sulle «principali conclusioni» cui sarebbe pervenuto il rapporto Mueller già nelle prossime ore. Ma il Nyt, che ha citato un alto funzionario del Dipartimento di Giustizia, ha bruciato tutti sul tempo anticipando che il consulente speciale Mueller non raccomanderebbe nuove incriminazioni a carico di Trump. Se, come tutto lascia supporre, la rivelazione del quotidiano sarà confermata, al Presidente saranno contestati solo «comportamenti politicamente discutibili» posti in essere nelle elezioni del 2016, anche se non penalmente rilevanti.
I democratici battuti per la seconda volta
L’anticipazione del Nyt è stata accolta con parole di autentico giubilo da parte dei sostenitori dell’attuale Inquilino della Casa Bianca: «È un grande giorno per l’America, abbiamo vinto», ha esultato davanti ad un microfono della Cnn un consigliere della campagna elettorale di Trump prima di assestare la stoccata vincente: «Zero incriminazioni per noi e situazione imbarazzante per chi ha parlato di collusione per due anni». Vale a dire i democratici. Che infatti si sono messi subito all’operane tentativo di dirottare l’attenzione pubblica su eventuali questioni di forma. L’ultima trincea l’hanno scavata sul fronte della pubblicazione integrale del rapporto Mueller. «Al presidente Trump – hanno detto i leader dem al Congresso Nancy Pelosi e Chuck Schumer – non deve essere consentito dare “una sbirciata” preliminare al documento. Ora che Mueller ha sottomesso il rapporto al ministro di Giustizia è imperativo che il signor Barr pubblichi integralmente il rapporto e fornisca le relative documentazione e scoperte al Congresso».