Morte di Imane Fadil, indagini sulla “pista marocchina”: i pm convocano Souad Sbai
Souad Sbai sarà sentita come testimone nell’ambito dell’inchiesta sulla morte di Imane Fadil, la 34enne marocchina testimone nel processo Ruby, morta in circostanze misteriose a Milano. L’ex parlamentare del Pdl e attuale presidente dell’Associazione donne marocchine in Italia è stata convocata dai pm milanesi Tiziana Siciliano e Luca Gaglio, titolari del fascicolo sulla morte della ragazza, aperto contro ignoti con l’ipotesi di omicidio. Tanto sui social, quanto in un’intervista, Sbai ha invitato le autorità giudiziarie a seguire una presunta “pista marocchina”, che – secondo quanto da lei sostenuto – intreccerebbe i rapporti della ragazza con «l’alta diplomazia» del suo Paese.
Sbai: «Come tante belle ragazze, frequentava molto l’ambasciata»
«Imane è stata avvelenata con qualcosa che non è quello che è stato detto in questi giorni. Chiedo alla magistratura italiana e anche al re del Marocco di fare chiarezza. Ci sono delle responsabilità che vanno ricercate nell’ambiente dell’alta diplomazia marocchina con cui Imane lavorava», ha scritto Sbai sul suo profilo Twitter, aggiungendo che «Imane Fadil sapeva tanto». «Probabilmente aveva deciso di fare un passo indietro. E l’hanno uccisa. So che, come tante altre bellissime ragazze, frequentava molto la nostra ambasciata. E lì, nel giro dell’alta diplomazia, che devono andare a cercare», è stata quindi l’indicazione di Sbai. Allo stato attuale, per le dichiarazioni della presidente delle donne marocchine in Italia non risultano riscontri investigativi, ma la convocazione da parte dei pm conferma che per il caso Fadil si indaga a tutto campo e non si esclude alcuna pista.
L’ambasciata querela Sbai, lei replica: «Sviano l’attenzione»
Intanto, per le sue parole Sbai è stata querelata da parte dell’ambasciata marocchina in Italia «per diffamazione e propagazione di informazioni menzognere volte a infangare l’immagine del Paese». «Io non sono contro il Marocco, né contro chi lavora e svolge il proprio dovere in ambasciata, ma con la mia associazione mi sono sempre occupata delle donne maltrattate e ci costituiremo parte civile anche per Imane, mentre l’unica dichiarazione degna di nota da parte dell’ambasciatore è stata affidata a uno sterile comunicato stampa nel quale, anziché rispondere nel merito della vicenda, si preoccupava semplicemente di annunciare una querela per diffamazione nei miei confronti, sviando così l’attenzione dal problema», è stata la risposta di Sbai, che a sua volta, «nel negare tutte le accuse rivoltemi dall’ambasciatore, mi riservo il diritto di ricorrere alla Corte per difendere il mio onore e la mia reputazione».