Mancano 10 giorni alla Brexit: la Ue sta facendo di tutto per “incatenare” Londra all’Europa
L’Unione europea naviga a vista sulla Brexit, quando mancano solo undici giorni alla data dell’uscita del Regno Unito dall’Ue, fissata per le ore 24 di venerdì 29 marzo, ora di Bruxelles, e attende che a Londra decidano che cosa fare. Al momento, ha spiegato un alto funzionario Ue, “potrebbero essere sul tavolo diverse opzioni: rinvio corto, medio o lungo. Vediamo che cosa succede a Londra”. Non è neppure escluso, a questo punto, che il Consiglio europeo di questa settimana non sia affatto risolutivo. Dal Regno Unito rimbalza ogni tipo di speculazione, anche quella che Theresa May possa ripresentarsi la settimana prossima davanti ai Comuni ponendoli di fronte all’alternativa tra un’approvazione dell’accordo di ritiro, oppure un rinvio lungo, eventualità che Donald Tusk ha esplicitamente menzionato, che intrappolerebbe il Regno Unito nell’Ue per un periodo indefinito. Le procedure per la Brexit, lato Ue, “devono essere completate entro un’ora prima della mezzanotte” del 29 marzo, “ora di Bruxelles, ma tutti preferirebbero avere chiarezza prima del vertice”. Tuttavia “è difficile prevedere che cosa succederà”, ha aggiunto l’alto funzionario. Sui piani di emergenza in vista di un eventuale no deal, “stiamo negoziando sulle ferrovie e sul bilancio. Stiamo avanzando, ma la cosa deve ancora essere chiarita tra gli Stati membri”, ha aggiunto l’alto funzionario. Su quale sarà la lunghezza del rinvio, l’alto funzionario ha spiegato che “dipende. So che non è una grande risposta, ma la questione è eminentemente politica”. Il portavoce della Commissione Europea Margaritis Schinas, dal canto suo, si è limitato a rispondere che al Berlaymont non si specula “sugli scenari: sappiamo ciò che sappiamo. E quello che non sappiamo, aspettiamo di saperlo”. Interessante l’opinione sulla faccenda di il ministro degli Esteri spagnolo Josep Borrell, che è stato presidente del Parlamento Europeo dal 2004 al 2007: “Se venisse deciso un rinvio lungo della Brexit, allora il Regno Unito dovrà partecipare alle elezioni europee. Siamo logici – spiega Borrell – se il Regno Unito è ancora un membro dell’Ue, per un periodo indefinito, allora sarà difficile dire alla gente che non ha diritto di voto: se si dice che non si sa quando usciranno, allora, se fossi un britannico, mi piacerebbe votare” alle elezioni europee. Sta a Londra, continua Borrell, decidere che cosa fare: “La migliore soluzione sarebbe votare l’accordo” di ritiro del Regno Unito dall’Ue, già bocciato due volte dal Parlamento britannico, dopo essere stato negoziato dal governo di Theresa May con l’Unione. Se l’accordo verrà respinto ancora, “allora saranno in una situazione in cui vogliono uscire, non vogliono questo accordo, non vogliono un secondo referendum, non vogliono uscire senza un accordo, quindi vogliono un altro accordo”. E per ottenere questo accordo, diverso da quello che hanno negoziato con l’Ue per poi bocciarlo due volte in Parlamento, “dovranno modificare – sottolinea Borrell – le loro linee rosse”, cioè i paletti messi alla base delle trattative con l’Ue (tra l’altro, il Regno Unito non vuole far parte dell’unione doganale).