In tutti i Paesi si attua una politica demografica per le Forze Armate. L’Italia che aspetta?
Riceviamo dall’ammiraglio di divisione Nicola De Felice e volentieri pubblichiamo
Ogni qualvolta i comandanti delle navi e sommergibili stranieri di passaggio nei porti siciliani mi rendevano la “visita di cortesia”, antica e bellissima usanza marinara, rimanevo stupito dal numero dei figli che ogni giovane comandante mi diceva di avere. In particolare, i francesi, gli spagnoli ed i turchi mi segnalavano una media 5/6 figli a testa. Tale incremento demografico è il risultato di una politica demografica e della famiglia dedicata alle Forze Armate di quelle nazioni.
E’ notorio che l’incremento demografico è considerato come una delle condizioni fondamentali per la risoluzione delle attuali criticità sociali ed economiche dell’Italia. Ogni sforzo sensato deve essere fatto affinché la politica demografica della comunità militare si svolga su due finalità essenziali: il numero e la sanità morale, identitaria e fisica delle nuove generazioni.
La scellerata visione sponsorizzata da alcuni esponenti politici di sostituire gli italiani con una forte migrazione extracomunitaria non può che minare le basi degli interessi vitali della Nazione, basati sull’autoconservazione della comunità con i suoi caratteri civili, religiosi, linguistici, etici, identitari e culturali, legati a 28 secoli di storia.
Occorre svolgere ogni promozione nel welfare affinché si attui una politica che protegga e consolidi tutti i valori etici e morali che cementano la famiglia e il matrimonio dei militari. In particolare, occorre avanzare proposte concrete per sostenere la natalità, attraverso misure ad hoc che, tramite incentivi fiscali e strutturali, renda possibile conciliare il lavoro con la famiglia: favorire e sostenere il matrimonio – essendo il legame tra nuzialità e natalità ancora molto forte in Italia – e la composizione di nuovi nuclei familiari sin dai primi anni di servizio; assegnare un premio di natalità al militare, a prescindere dal reddito; tutelare la donna militare o moglie di militare in stato di gravidanza e maternità, anche attraverso il riconoscimento di speciali agevolazioni fiscali e sociali; sostenere le famiglie numerose con provvedimenti strutturali quali, ad esempio, l’iscrizione gratuita all’asilo nido ed alla scuola d’infanzia, la gratuità dei libri scolastici, lo sconto sul trasporto pubblico e privato, la drastica riduzione delle imposte dopo il terzo figlio e la detassazione sul reddito del nucleo familiare; proteggere la filiazione naturale a prescindere dal matrimonio assicurando l’assistenza tutelare dei minori abbandonati ovvero orfani dei dipendenti delle Forze Armate; promuovere iniziative per la protezione dell’infanzia e della gioventù, sostenendo ed attivando sinergie e partenariati con le strutture militari e con gli istituti ed organismi pubblici e privati, favorendo una solidarietà attiva nell’educazione familiare, scolastica e sportiva; sostenere il ricongiungimento delle famiglie al militare e non viceversa come attualmente allo studio presso il dicastero della Difesa, assicurando i servizi e la logistica infrastrutturale per la serena collocazione geografica della famiglia laddove il militare ha sede, alla stregua delle altre Nazioni occidentali.
Condividerei in pieno, se le parole “militare/i” fossero sostituite da italiano/i. Le politiche proposte sono ottime, ma non credo debbano essere limitate ai militari.