Il colonnello Giraudo ammette che c’era un Br a Bologna il giorno della strage. E non era nemmeno l’unico

28 Mar 2019 14:07 - di Massimiliano Mazzanti

Riceviamo da Massimiliano Mazzanti e volentieri pubblichiamo:

Caro direttore,

Nell’udienza di martedì, nel dibattimento a carico di Gilberto Cavallini, nel corso della testimonianza del colonnello Massimo Giraudo, non è solo emersa l’inconsistenza totale della così detta “pista Anello”, tanto affascinante per le parti civili, ma è stata posto all’attenzione della Corte d’Assise un altro elemento inquietante, tra i tanti sui quali nessuno ha mai voluto indagare in questi 38 anni d’inchieste e processi.

Rispondendo al difensore dell’imputato, l’avvocato Alessandro Pellegrini, l’ufficiale della Guardia di Finanza ha dovuto ricordare in aula come, nelle more delle sue inchieste sulla Strage di Brescia, si fosse imbattuto in Francesco Marra, esponente delle Brigate rosse, noto per aver avuto un ruolo di primo piano nel sequestro del giudice Sossi, e che, guarda casa, il 2 agosto 1980 si trovava a Bologna, in un hotel davanti alla stazione. E mica da solo. Mentre il Marra alloggiava con Loretta Vidali all’Hotel Europa, davanti alla stazione, a nemmeno 50 metri in linea d’aria dal punto in cui esplose la bomba; all’Hotel Milano, che oggi ha cambiato nome e che si trovava proprio di fianco all’Hotel Europa, alloggiò nella notte tra l’1 e il 2 agosto Brunello Puccia.

Chi sia Brunello Puccia è facile apprenderlo, basta leggere l’informativa del tardo 1980 della Questura di Milano – all’epoca inviata anche agli investigatori e agli inquirenti di Bologna -, in cui l’uomo è segnalato come gravato da precedenti penali gravi, tra cui il “favoreggiamento reale in concorso per noto omicidio Carlo Saronio“. La stessa informativa indica in Marra un probabile terrorista rosso. Per altro, la Loretta Vidali registrata all’hotel Europa, quella vera, su cui ha indagato nelle sue ricerche Valerio Cutonilli, non pare abbia mai avuto nulla a che fare con Marra, sollevando il concreto sospetto che qualcun’altra, con un documento falsificato con le sue generalità, abbia in realtà dormito a Bologna la notte prima della strage. In altre parole, oltre a Thomas Kram, altri due terroristi “rossi” erano certamente a Bologna, il giorno della strage. E tutti nei pressi del luogo dell’attentato.

Col fondato sospetto, inoltre, che ce ne fossero anche altre due: Christa Margot Frolich e la sedicente Loretta Vidali, la quale, se non era lei, era qualcuna che aveva bisogno di mascherare la sua identità. E come Kram, anche Puccia e Marra dissero di trovarsi a Bologna, quando furono interrogati dalla Polizia nei primi mesi del 1981, per mere casualità: il primo per un ritardo del treno che doveva portarlo in Toscana; il secondo per incontrarsi con la donna con cui doveva andare successivamente in vacanza. Curioso particolare, quest’ultimo: Marra e la Vidali, entrambi milanesi, entrambi in procinto di andare in ferie, si dovettero incontrare a Bologna per partire insieme per le vacanze? Tutto può essere, certo, ma c’è da chiedersi come sia possibile che né la Polizia allora né i magistrati nei 38 anni successivi abbiano mai avuto la curiosità di indagare a fondo su tutto ciò, anche solo per appurare la veridicità del racconto che il Marra fece il 5 gennaio 1981 alla Digos di Milano.

E non s’indagò mai sul Marra a Bologna nemmeno quando, in anni successivi, fu chiaro il ruolo non secondario che ebbe nelle Br; e si continuò a ignorarne le vicende, a Bologna, anche quando divennero note le attività inquietanti nell’ambito dell’estremismo di Giuseppe Zambon, anch’egli segnalato nell’informativa del tardo 1980, e che si scoprirà essere in contatto con ambienti dell’eversione rossa e della resistenza palestinese. Tutto sempre casuale, tutto sempre poco importante, nella ricostruzione della verità sulla Strage di Bologna? Non più di tanto, se è vero che Alberto Franceschini, fondatore delle Br, quando il nome di Marra iniziò a circolare un po’ troppo sulla stampa e sulla pubblicistica interessata alla storia del terrorismo, cominciò a far circolare la voce – purtroppo presa anche per “buona” dai più – che Marra, in realtà, fosse un infiltrato nelle Br, un uomo dei Carabinieri o dei “servizi”, in una sorta di depistaggio preventivo e per di più inutile, dato che il Marra non è mai stato inquisito per queste vicende. E continuerà a non esserlo, probabilmente, fin tanto che, a Bologna, avranno cittadinanza solo le suggestioni care ai cascami delle vecchie strutture disinformive del fu Partito comunista.

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