Dall’ippica al nuoto, dal rugby al calcio, così la giunta Raggi mette in ginocchio lo sport

3 Mar 2019 12:05 - di Paolo Lami
Stadio Flaminio

Neanche si può dire «datevi all’ippica» alla sindaca Raggi e alla sua giunta perché sono riusciti ad azzoppare perfino il mondo equestre romano rompendo clamorosamente il difficile dialogo che stava andando avanti, da mesi, fra mille difficoltà, con la società che dagli anni ’50 gestisce l’Ippodromo delle Capannelle.

Ma quello di Capannelle non è che l’ultimo dei numerosi fallimenti firmati dalla giunta Raggi nella gestione dello sport sport romano.
Dall’ippica al nuoto, dal rugby e il calcio – con il progetto dello stadio della Roma che non riesce a vedere la luce e lo stadio Flaminio che cade a pezzi in maniera inesorabile – gli sciagurati dossier sullo sport capitolino impantanati fra la burocrazia comunale e le titubanze degli amministratori targati Cinquestelle sono tantissimi. E confermano l’incapacità della giunta grillina di gestire tanto gli impianti quanto le relazioni con le associazioni sportive e con le aziende che si occupano di sport nella Capitale.

Il dossier certamente più caldo è quello dell’Ippodromo delle Capannelle. La società, che lo gestisce dagli anni ’50, ha gettato la spugna dopo mesi in cui i manager cercano inutilmente un dialogo con l’amministrazione grillina ma si sentono presi in giro dalla giunta Raggi. Di fronte al rischio concreto di essere licenziati, i lavoratori sono scesi in strada, bloccando, oggi, all’alba, la via Appia, con balle di paglia date alle fiamme.

Dalla HippoGroup Roma-Capannelle srl, il “network ippico” che comprende le società di corse titolari della gestione degli ippodromi di Bologna, Cesena, Roma Capannelle, Torino e Varese, nonché del Centro di Allenamento di Castel San Pietro Terme, arrivano parole di fuoco nei confronti dell’amministrazione grillina. Soprattutto dopo un comunicato del Comune di Roma Capitale che sembra una vera e propria presa in giro.

L’azienda parla di «dissennata gestione del dossier Capannelle da parte dell’Assessorato allo Sport» guidato dal vicesindaco Daniele Frongia, fedelissimo della Raggi, per il quale i manager della società ippica romana distillano frasi al veleno che ne testimoniano l’incapacità, la mancanza «di una leale collaborazione diretta a trovare un’equa soluzione» accusando la giunta pentastellata di fare «giochetti politici» che vanno avanti da oltre 15 mesi e che hanno fatto venir meno «il rapporto di fiducia con l’assessore allo Sport».

I costi stratosferici dell’Ippodromo e il canone d’affitto aumentato di 37 volte

Molto, ma non tutto, ruota attorno al canone d’affitto dell’Ippodromo delle Capannelle aumentato di quasi 37 volte dalla giunta Raggi. rispetto ai 66.000 euro l’anno pagati fino ad oggi.
Una cifra, quella di 2,4 milioni di euro l’anno richiesta da Roma Capitale alla  HippoGroup Roma-Capannelle srl che, secondo l’azienda ippica, non è neanche pensabile a fronte dei costi che la società deve affrontare: «Il canone di affitto richiesto è di 2,4 milioni di euro l’anno, mentre ora pagavamo 66mila euro – sintetizza Elio Patuasso, Ammistratore Delegato di Hippogroup Roma Capannelle – Le spese ammontano a circa mezzo milione di euro al mese, se non ci sono le corse qualcosa in meno. Noi paghiamo 50mila euro di corrente al mese, la tassa dei rifiuti è di 500mila euro l’anno, portare via il letame ne costa 200mila, la vigilanza di tre guardiole perché all’interno ci sono 650 cavalli costa altre 100mila euro al mese, poi le pulizie, il mantenimento del verde visto che ci sono 160 ettari che ammonta ad altri 70mila euro al mese. Poi abbiamo 32 dipendenti e sono altri 100mila euro al mese. Gli altri lavoratori che venivano solo per le corse hanno già perso il lavoro e sono a casa da gennaio. Per quanto riguarda i cavalli, i proprietari decideranno cosa fare. Ho sentito dire in Comune che sarà Zetema a gestire, vedranno loro cosa fare…. – taglia corto Pautasso – Se le condizioni sono quelle prospettate dal Comune non possiamo che chiudere».

Ma non è solo una questione di soldi. E’ proprio l’atteggiamento dilatorio del Comune che non va giù all’azienda: «Ci hanno detto di presentare l’istanza ex art. 22. E il 6 agosto 2018 l’abbiamo presentata – ricorda l’Ammistratore Delegato di Hippogroup Roma Capannelle  – C’erano 90 giorni di tempo per rispondere. E siamo ancora qui ad aspettare. Finito, basta. Il proprietario è il Comune di Roma. E  deciderà cosa fare. La proprietà è del Comune. E ognuno si deve prendere le proprie responsabilità. Per me è chiusa qua».

La società dell’Ippodromo riconsegna le chiavi: gestisse Zetema le corse

Uno spiraglio c’è. Ma dal Comune non sembrano coglierlo.
«I colloqui, tecnici e politici, con il Campidoglio potranno proseguire solo direttamente e unicamente con il Sindaco e il suo Gabinetto», mette i paletti  Patuasso estromettendo dal tavolo delle trattative l’assessore allo Sport, Frongia.
«In assenza di concrete, reali, e amministrativamente valide novità – avvertono da Hippogroup – confermiamo l’ineludibile avvio della procedura di licenziamento di tutto il personale conseguente alla riconsegna delle chiavi dell’impianto al Comune cui ribadiamo con forza, spetteranno gli oneri di sorveglianza, custodia e manutenzione. Le corse, il Campidoglio, se vorrà le potrà far fare a Zetema. Se ci riuscirà».

Ma il Campidoglio sembra prendere sottogamba la situazione: «L’Amministrazione ed Hippogroup, a dispetto dei toni roboanti e minacciosi dell’ultimo comunicato stampa della società, continuano a lavorare e interloquire seriamente e per via ufficiale» sostengono dal Comune di Roma diffidando la società equestre «dall’iniziare le procedure di licenziamento e di abbandono dell’impianto come impropriamente dichiarato in queste ore e sollecitandola a riprendere immediatamente le corse».

Ma intanto i lavoratori, stremati dall’atteggiamento dilatorio del Comune, dalla mancanza di risposte concrete dell’Amministrazione comunale e dalla prospettiva concreta di perdere il posto di lavoro per le inadempienze di Frongia e della giunta Raggi, sono scesi in strada incendiando balle di paglia in mezzo alla carreggiata e bloccando via Appia Nuova alle porte di Roma, in prossimità dell’uscita 23 del Gra».

L’ira dei lavoratori di Capannelle che rischiano di perdere il lavoro

«Dal primo marzo, se il Comune di Roma non dovesse rinnovare la concessione, centinaia di lavoratori con le loro famiglie, perderanno il lavoro e finiranno in mezzo a una strada – accusa Mauro Antonini, responsabile del Lazio per CasaPound Italia, presente, assieme a Carmen Pizzirusso, candidata sindaco a Ciampino di CasaPound Italia, all’azione di protesta che si è svolta fra le 5.45 alle 6, quando sono poi intervenute le forze dell’ordine – L’amministrazione Raggi deve prorogare la concessione: non è possibile bloccare un indotto del genere, che ha una ricaduta economica nazionale. E’ come se nella Formula Uno si fermasse Monza. Lo stesso vale per l’ippica: l’Ippodromo di Capannelle non deve chiudere».

Per Antonini non è un caso che la vicenda stia andando tanto per le lunghe e che l’assessore allo Sport, Daniele Frongia stia dilatando così tanto i tempi di una risposta: «La Raggi ci spieghi perché già quattro anni fa, Daniele Frongia, che il sindaco di Roma conosce bene, ha dichiarato guerra a Capannelle. Nemico giurato dei lavoratori dell’impianto, Frongia all’epoca si era opposto al rinnovo della concessione deciso dalla Giunta Alemanno, definendo l’accordo addirittura di stampo mafioso».

Ma, come detto, lo sport romano, nella sua interezza, sta soffrendo non poco per l’incapacità della giunta Raggi e dell’assessore allo Sport, in particolare, di trovare soluzioni condivise e avviare dialoghi costruttivi nella prospettiva di promuovere e aiutare lo sport della Capitale, soprattutto quello di base che ha pochissimi mezzi economici.

Un’altro dei tanti dossier caldi riguarda l’impiantistica sportiva, in particolare quella delle piscine, messa a gara, giustamente, ma con criteri “elitari”.
Per cui solo le società ricchissime possono permettersi di aggiudicarsi le gare.

La beffa dei bandi sulle piscine che aiutano i ricchi e colpiscono le piccole società

«Quanto sta accadendo alla Ss Lazio Nuoto conferma l’incapacità dei 5 Stelle nella gestione delle politiche dello Sport nella Capitale – accusano gli esponenti di Fdi, De Priamo, Figliomeni e Ghera rilevando una situazione al limite della beffa – La giunta grillina ha annunciato, alla chetichella, che gli impianti sportivi comunali andranno a bando. Un provvedimento che rischia di far chiudere tante attività che, per anni e con fatica, hanno fatto crescere lo sport di base. Tra queste, appunto, la gloriosa Ss Lazio Nuoto, che dal 1986 gestisce la piscina di Viale Giustiniano Imperatore alla Garbatella e fucina di grandi atleti che in oltre 30 anni ha visto sfornare campioni olimpici. Una società storica, che conta oltre 1000 iscritti».

Il motivo per cui la Ss Lazio Nuoto , come molte altre società sportive, rischia di non vedersi rinnovata la concessione, è presto spiegato: «Il bando targato 5 Stelle – rivelano i tre esponenti di Fdi – prevede un disciplinare legato a standard economici molto alti. Oltre alla clausola degli introiti, infatti, clausola che imporrebbe una retta annuale di almeno 900 euro per ciascun iscritto, si chiede anche un deposito cauzionale di 52mila euro. Sembra più un bando per ricchi che facilita le grandi strutture di fitness anziché aiutare quegli impianti storici dalla vocazione sociale».

La vicenda della Ss Lazio Nuoto fa il paio con l’inadeguatezza dei grillini di mettere mano al contesto dell’impiantistica sportiva pubblica a Roma, ad oggi nel caos e diventata, oramai, l’ennesima emergenza della Capitale.
Di qui l’interrogazione che Fdi sta presentando «per chiedere chiarezza sulla vicenda e sui criteri procedurali del bando».

Così stanno lasciando cadere a pezzi lo stadio Flaminio e il Pala Tiziano

Dal nuoto al rugby, il passo è breve se si parla di inadeguatezza dell’Amministrazione cinquestelle a gestire lo sport e le sue infrastrutture.

Lo stadio Flaminio è forse, più di qualunque altra infrastruttura sportiva della Capitale, quello che dimostra l’inadeguatezza della giunta Raggi.
«Aldilà degli annunci sui lavori di bonifica non c’è alcuna progettualità sul recupero complessivo dello stadio Flaminio, il gioiello ideato dall’architetto Nervi – denunciano gli esponenti di Fdi De Priamo, Ghera e Cochi – Stessa sciagurata sorte per il Pala Tiziano, sempre firmato da Nervi. Nonostante i grillini sbandierarono che sarebbero partiti i lavori di ristrutturazione ad oggi non c’è nemmeno l’ombra di un operaio e l’impianto è chiuso».

«Che fine ha fatto la cantierizzazione del Pala Tiziano? – si chiedono i tre di Fdi – Presenteremo un’interrogazione per capire come mai i lavori annunciati dall’amministrazione non sono ancora stati avviati. Riqualificare solo piazza Perin del Vaga rimane un’operazione monca mentre, al contempo, si lasciano marcire impianti sportivi fiore all’occhiello della Capitale. Un approccio – concludono con amarezza De Priamo, Ghera e Cochi – che conferma la mancanza di visione della città da parte della Giunta Raggi».

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