Cirinnà ha tutti contro per il suo stupido cartello e per difendersi tira in ballo il fascismo
Monica Cirinnà non si è regolata: il suo cartello su Dio-Patria-Famiglia associato a una vita “di mer..” non ha convinto nessuno. Anche Enrico Mentana lo ha definito un “cartello fesso”. E Carlo Calenda ha preso le distanze. Numerose femministe non hanno gradito certi toni radicali esibiti per l’8 marzo. Una pioggia di critiche che ancora oggi non si arresta, alle quali lei ha replicato tirando in ballo il solito fascismo.
“Non dimentichiamoci che ‘Dio Patria Famiglia’ era uno slogan usato dal regime fascista”. E precisa: “Non ho il dono della fede, ma rispetto profondamente tutti i credenti, senza mai averli blanditi con rosario e Vangelo per poi tradirne gli insegnamenti. Sono una rappresentante del popolo italiano e credo che patria sia la comunità delle persone libere ed eguali, inclusiva accogliente solidale. Riconosco la bellezza della famiglia, tanto da aver lavorato per riconoscere tutte le famiglie di questo Paese”.
Poi conclude: “La mia critica non va né alla Chiesa, né alla patria, né alla famiglia: con quella foto ho denunciato la ripresa di uno slogan fascista, criticando chi di quei tre concetti si fa scudo per creare un clima di discriminazione, oscurantismo e regressione culturale…”. Poi ci aggiunge anche le “disciminazioni medievali” e il gioco è fatto. Tutto l’armamentario retorico della neosinistra salottiera e radical viene messo in campo per difendere una scelta infelice. Infelice, offensiva e anche errata dal punto di vista comunicativo, perché se poi devi quasi scrivere un saggio per far capire cosa volevi dire con quel cartello vuol dire che gli slogan non fanno per te. Ma tanto tutti hanno capito quali fossero i veri bersagli di quel cartello, quelli cioè che vi erano elencati: Dio, la Patria, la famiglia. Ora è un po’ tardi per fare goffe marce indietro.