Cina, l’altolà di Salvini sulla Via della Seta gela Di Maio
Il sì convinto di Di Maio, i dubbi di Salvini. «Il memorandum d’intesa tra Italia e Cina non è un testo sacro. Per quello che mi riguarda, tutto è perfettibile e migliorabile». Non dà nulla per scontato il vicepremier e ministro dell’Interno, Matteo Salvini, in conferenza stampa a Montecitorio, mentre risponde ai giornalisti sul tema degli accordi con Pechino che vede invece entusiasta il suo partner di governo e ministro per lo Sviluppo economico, Luigi Di Maio. Il governo è alle prese con il ‘nodo’ della Via della Seta, il nuovo fronte sul quale si è acceso il dibattito tra le diverse anime dell’esecutivo gialloverde.
I “paletti” di Salvini
I due vicepremier smussano i toni, ma le distanze sono tutte nelle parole. Salvini dà l’altolà: «Se ci sarà solo il dubbio che certe acquisizioni e presenze possano compromettere la sicurezza degli italiani ci sarà un secco no dal Viminale». E aggiunge: «Per me aprire ai nuovi mercati è fondamentale, ma altro è permettere penetrazioni che poi possono manipolare le politiche economiche del Paese, come successo alla Grecia con il porto del Pireo». Cautela, dunque, molt cautela: «Non avrei nessun problema se fossimo di fronte a un investitore americano per il porto di Trieste o di Genova, ma la Cina è altra cosa: non penso che ci sia una competizione ad armi pari», aggiunge Salvini, che reitera il concetto: «Gli investimenti in settori strategici devono essere esaminati cinquanta volte».
Meloni: «Il governo spieghi se diventeremo una colonia»
Fratelli d’Italia ha lanciato un un messaggio chiaro l’altro giorno, un avvertimento a non correre troppo verso Pechino: solo l’interesse italiano, nel caso, è l’unica “bussola” credibile, è l’auspicio di Giorgia Meloni che va giù duro. «Tutto sta nel capire se la via della Seta serve a fare inondare l’Italia e l’Europa da prodotti cinesi o serve a inondare la Cina da prodotti italiani», ha detto la presidente di Fdi, a margine di un’iniziativa politica per le regionali in Basilicata, «È questo che a me non è chiaro del memorandum – ha aggiunto – è questa la ragione per la quale noi abbiamo chiesto al governo di venire a riferire in Aula, perché valutiamo le questioni sulla base dei nostri interessi strategici».
Di Maio firmerebbe ad occhi chiusi
Luigi Di Maio invece si spertica nell’affermare che l’accordo con la Cina sarà una grande opportuità per l’Italia. Fosse per lui, il memoradum avrebbe già la sua firma. Anzi si spinge a dire che ad avvantaggiarsene sarà soprattutto il Sud. «La Via della Seta non deve essere vista come una nuova alleanza geopolitica, assolutamente. Lo firmerò io, come ministro dello Sviluppo, e che servirà anche ai porti del Sud, come quello di Taranto per esempio. E’ una grande opportunità per le nostre imprese di portare le eccellenze agroalimentari e artigianali in Cina». Il leader grillino, insomma cerca di convincere che si tratti di una colonizzazione al contrario: sarà l’Italia a fare la parte del leone con questo accordo, sostiene Di Maio. Che insiste: «Tutti dicono che c’è pericolo di colonizzazione, ma l’unica colonizzazione a cui dobbiamo ambire è quella del made in Italy nel mondo: è il made in Italy che deve colonizzare il mondo con la sua bellezza e le sue capacità».
Gasparri: «Niente firma senza trasparenza»
Insomma, Salvini prima di firmare vuole “leggere 50 volte” il memorandum; l’altro, Di Maio, che firmerebbe alla cieca. Quel che sconcerta è l’approssimazione, sostiene Maurizio Gasparri, le parole non bastano: «Non bastano le rassicurazioni. Sulla vicenda italo-cinese serve un confronto immediato e chiaro in Parlamento. Niente firme senza una trasparenza totale. Dobbiamo difendere non soltanto le nostre telecomunicazioni, ma anche i nostri porti e tutte le nostre infrastrutture strategiche», precisa il senatore di Fi, che chiama le cose per nome: «Una politica in ginocchio davanti al colosso cinese condanna l’Italia alla subalternità e alla colonizzazione politica ed economica. Non possiamo essere strumento di una egemonia cinese che si proietta sull’Italia e sul resto del mondo». Serve pertanto un immediato confronto in Parlamento, confronto a cui il premier Giuseppe Conte fin’ora si è sottratto, ma che ora non gli è stato più possibile rinviare oltre. Una nota di palazzo Chigi ha informato che Conte illustrerà la posizione del governo sul protocollo d’intesa Italia Cina, martedì prossimo 19 novembre alle ore 10:30 in aula alla Camera.