Brexit, la May a Bruxelles: non ci sarà un ripensamento, noi usciremo con o senza accordo

22 Mar 2019 13:25 - di Giovanni Trotta

Pasticcio-Brexit, Theresa May non dispera: quando mancano solo otto giorni alla data della Brexit, “ciò che conta è che il Parlamento agisca in linea con i risultati del referendum e che noi realizziamo la Brexit, per il popolo britannico: spero sinceramente che possiamo farlo con un accordo”. Lo dice il primo ministro britannico, arrivando a Bruxelles per la riunione del Consiglio Europeo. “Sono qui oggi – continua Theresa May – per discutere con gli altri leader della nostra richiesta di una breve proroga dell’articolo 50 alla fine di giugno. Questo ritardo è un motivo di dispiacere per me, ma un breve rinvio darebbe il tempo al Parlamento di fare una scelta definitiva che mantenga gli impegni del referendum. Sto ancora lavorando per far sì che il Parlamento possa convergere su un accordo, in modo che possiamo uscire in maniera ordinata”. “Quello che conta è dare attuazione al risultato del referendum; quello che conta è che noi riconosciamo che la Brexit è la volontà del popolo britannico. Sono passati quasi tre anni dal referendum: è ora che il Parlamento decida e un breve rinvio ci dà l’opportunità di lasciare l’Ue. E spero sinceramente che avvenga con un accordo negoziato”, conclude. Insomma, la Ue non faccia troppo la fiscale perché se il parlamento inglese non approva l’accordo, vuol dire che lo giudica negativo per la popolazione.

Brexit, la Ue propone due date per il rinvio: 22 maggio oppure 12 aprile

Al parlamento inglese non vanno proprio giù i diktat dell’Unione europea, il modo come Bruxelles vorrebbe stipulare l’accordo. E lo ha dimostrato in più di una occasione, bocciando ripetutamente gli schemi di accordo che il premier Theresa May ha sottoposto all’assemblea. Oggi l’Unione Europea ha indicato due date alla Gran Bretagna per decidere sulla Brexit, il 22 maggio e il 12 aprile, a seconda di come voterà la Camera dei Comuni sull’accordo di ritiro. “Il primo ministro britannico May – ha spiegato il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk in conferenza stampa a Bruxelles la notte scorsa – ha ripetuto la sua richiesta di prorogare la data al 30 giugno. Per quanto riguarda il rinvio, la nostra decisione prevede due scenari”. “Nel primo scenario – ha aggiunto Tusk – se l’accordo di ritiro verrà approvato dalla Camera dei Comuni la settimana prossima, allora il Consiglio Europeo acconsente a un rinvio della Brexit fino al 22 maggio”. Essendo stato approvato l’accordo di ritiro, in questo scenario allora la data dell’uscita dall’Ue verrebbe rimandata al 22 maggio, appunto, che è l’ultimo giorno utile per evitare che il Regno Unito debba partecipare alle elezioni europee, essendo Stato membro alla data del voto. Nel secondo scenario, “se l’accordo di ritiro non viene approvato dalla Camera dei Comuni, il Consiglio Europeo acconsente ad un rinvio fino al 12 aprile, aspettandosi che il Regno Unito indichi una via per procedere. Questo significa che fino a quella data tutte le opzioni rimarranno aperte e che la data del precipizio verrà ritardata”. Il governo britannico, prosegue Tusk, “avrà ancora la scelta tra accordo, no deal, un rinvio lungo o la revoca dell’articolo 50. Il 12 aprile è la data chiave per la decisione del Regno Unito, se tenere o meno le elezioni europee. Se non lo avrà ancora deciso entro allora, l’opzione di un rinvio lungo diverrà automaticamente impossibile”. “Qualsiasi rinvio – ricorda Tusk – deve essere approvato all’unanimità dei 27, con l’accordo dello Stato membro in questione. Ho incontrato più volte Theresa May, per assicurarmi che il Regno Unito accetti gli scenari di rinvio e ho il piacere di confermare che abbiamo raggiunto un accordo su questo”. Pertanto, assumendo che l’accordo di ritiro venga respinto di nuovo dal Parlamento britannico, il 12 aprile sarà “il momento della verità” per il Regno Unito, spiegano fonti dell’Eliseo. La soluzione trovata permette di evitare di tenere un Consiglio Europeo la settimana prossima nell’imminenza della data della Brexit, cosa che avrebbe sottoposto i leader Ue a una “forte pressione”, come si faceva “all’epoca della crisi dell’euro, che non è proprio il modello migliore da seguire” per gestire la Brexit.

In caso di uscita senza accordo, danni per tutti

Quello che è certo è che un’uscita disordinata causerebbe danni a tutti: con un no deal la ricchezza dei cittadini inglesi si dovrebbe ridurre di 57,3 miliardi di euro l’anno, circa 900 euro a testa. Ai cittadini dell’Ue costerebbero 40,4 mld mentre all’Italia un Brexit senza accordo costerebbe 4 miliardi di euro l’anno. È quanto emerge da uno studio dell’Istituto Bertelsmann. La Germania e la Francia, con una perdita stimata rispettivamente a 9,5 mld di euro l’anno e a 8 mld l’anno, sono i Paesi più colpiti in Ue. La Brexit, commenta Aart De Geus, il presidente del Consiglio direttivo dell’Istituto Bertelsmann, “potrebbe danneggiare seriamente le basi della più grande area economica a livello mondiale. Bruxelles e Londra devono fare tutto il possibile per raggiungere un accordo”.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *