Brexit, dopo il “caso no deal” resta il caos: si studiano soluzioni, cosa bolle in pentola

14 Mar 2019 9:57 - di Paolo Sturaro

Brexit, è caos. Il Parlamento britannico approva con 312 voti a favore e 308 contrari l’emendamento della conservatrice Caroline Spelman che respinge del tutto l’ipotesi di un’uscita disordinata dall’Unione europea. La Camera dei comuni britannica ha approvato, poi, con 321 voti a favore e 278 contrari l’emendamento del governo che respinge l’ipotesi di un’uscita dalla Ue senza accordo il 29 marzo. Poco prima aveva bocciato con 374 voti contrari e 164 a favore, l’emendamento, a firma dell’ex ministro conservatore Damian Green, cosiddetto compromesso Malthouse, che chiedeva all’esecutivo di procedere con una proroga dell’articolo 50 fino alla mezzanotte del 22 maggio prossimo, data alla quale il Regno Unito dovrà lasciare l’Ue. «La mozione del governo che sarà presentata fissa a mercoledì prossimo la scadenza per approvare un accordo sulla Brexit», ha annunciato lo speaker della Camera dei comuni, John Bercow, precisando che «se per allora sarà approvato un accordo, il governo chiederà una proroga dell’articolo 50 fino al 30 giugno. Ma se non sarà approvato, il governo avrà bisogno di un’estensione più lunga, che richiederà la partecipazione del Regno Unito» alle elezioni europee del prossimo 26 maggio.

Brexit, le parole di Theresa May
per evitare il no deal

Il dibattito sulla Brexit fa salire la tensione. «Se si vuole evitare un no deal, bisogna votare un accordo», ha detto la premier britannica Theresa May, dopo il voto alla Camera dei comuni, sottolineando come ci sia stata una chiara maggioranza contro un’uscita senza accordo e assicurando che chiederà una proroga dell’articolo 50. «La mozione che presenteremo domani indicherà la scelta fondamentale di questa aula. Se la Camera dei comuni troverà un modo nei prossimi giorni per sostenere un accordo, permetterà al governo di cercare un’estensione breve, tecnica, limitata dell’articolo 50 – ha affermato la May, ancora senza voce, in una breve dichiarazione – per dare il tempo di approvare la legislazione necessaria e ratificare l’accordo che abbiamo raggiunto con l’Ue». Ma – ha continuato la premier – «lasciatemi essere chiara: un’estensione tecnica breve sarà offerta solo se abbiamo un accordo. Dunque, la Camera deve capire ed accettare che, se non è disposta a sostenere un accordo nei prossimi giorni e non è disposta a sostenere un’uscita senza accordo il 29 marzo, allora sta indicando che c’è bisogno di una proroga molto più lunga dell’articolo 50. Una tale estensione richiederà indubbiamente che il Regno Unito partecipi alle elezioni europee del maggio prossimo. Non penso che sarebbe la giusta soluzione”. “Ma la Camera – ha concluso – deve affrontare le conseguenze delle decisioni che prende». Una proroga dell’articolo 50 è adesso “inevitabile” ha detto anche il leader dell’opposizione laburista, Jeremy Corbyn.

Ma cosa può accadere?
Ecco le ipotesi in campo

1-La proroga. È l’ipotesi che sembra più concreta. Non l’addio del Regno Unito alla Ue alla mezzanotte del 29 marzo, ma mesi dopo. Sarebbe una proroga limitata e dovrebbe avere comunque il via libera della Ue, l’unanimità di tutti i 27 paesi. C’è da aggiungere che nessuno vuole la responsabilità di un addio senza accordi commerciali e per lo spostamento e i diritti delle persone.

2 – Un nuovo referendum.  È l’idea accarezzata da chi vuole a tutti i costi ribaltare la scelta della Brexit. La sostiene l’ex premier Tony Blair, ma questo piano non ha una maggioranza in Parlamento.

3- Elezioni anticipate. Terza ipotesi presa in considerazione è la convocazione di nuove elezioni nel Regno Unito visto che il potere di Theresa May si è notevolmente ridotto e il Parlamento non ha i numeri per prendere una decisione. I conservatori potrebbero essere guidati da un euroscettico come Boris Johnson.

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