Prendere tanti voti e perdere il governo. L’incubo di Salvini si chiama recessione

21 Feb 2019 18:21 - di Michele Pezza

Prendere un fottìo di voti stando al governo e, un minuto, dopo uscire a testa bassa da quella che nel 1962 Pietro Nenni ribattezzò come la “stanza dei bottoni“. È – stando almeno al retroscena di Francesco Verderami sul Corriere della Sera – quel che può capitare a Matteo Salvini nei prossimi mesi. Pare, infatti, che i numeri da tenere d’occhio questa volta non saranno quelli che a maggio conteranno i voti delle elezioni europee, ma quelli del Pil dei due prossimi trimestri. Se, come vaticina più d’uno, dovessero registrare un meno 0,5, l”allarme rosso scatterebbe in tutti i Palazzi della politica, a cominciare dal Quirinale.

Il Corsera: «Con Pil in calo nuove elezioni a settembre»

E qui sta la novità. Perché – spiega Verderami – sbaglierebbe chi pensasse che Mattarella starebbe lì a provarle tutte pur di non archiviare con oltre tre anni d’anticipo la legislatura in corso. Le priorità del Presidente stavolta sarebbero ben diverse perché devastante rischia di una nuova crisi per i conti pubblici e per la credibilità dell’azienda Italia sui mercati internazionali. Tutto ruoterebbe allora intorno alla prossima legge di Stabilità. Se i numeri del Pil saranno preceduti dal segno “meno”, niente e nessuno potrà frapporsi al varo di una manovra “lacrime sangue”, resa anzi più dolorosa e cruenta da decisioni come “quota 100” e reddito di cittadinanza che hanno sfondato ancor di più i cordoni della borsa. Se la maggioranza giallo-verde assume impegni in tal senso dando garanzie sulla propria tenuta, si procede.

«Il governo potrebbe dover varare una manovra da 30 mld»

Altrimenti, sostiene Verderami, potrebbe essere la volta buona per votare il rinnovo del Parlamento fuori stagione, cioè a settembre. Il ragionamento è «piuttosto che l‘esercizio provvisorio sarebbe preferibile tornare alle urne, per avere poi un governo con una prospettiva di legislatura, capace di reggere l’urto di una Finanziaria difficile», stimata in 30 miliardi di euro. Nessun Monti in vista, dunque. La manovra o la fa il governo che c’è, se se la sente, o quello che sarà scelto dagli elettori. Cui toccherebbe anche indicare il nome del nostro rappresentante nella Commissione Ue, i cui giochi si aprono proprio in autunno. Occhio ai numeri, dunque. Sperando che quelli dell’economia non mettano paura.

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