Nello Musumeci(*): con Tatarella in vita forse Alleanza Nazionale non sarebbe mai morta…
“Non fare come al solito. Quando passi da Roma chiamami e ci incontriamo. Dobbiamo parlare di più, noi due”. Ci lasciammo con un forte abbraccio quella sera, una uggiosa serata di novembre del 1998, a Taranto. Dalla mia Sicilia, avevo raggiunto la Puglia quello stesso giorno per un breve ma intenso giro elettorale, in vista delle amministrative. Pinuccio Tatarella me lo aveva chiesto alcuni giorni prima, con una insolita telefonata, mentre mi trovavo a Strasburgo per i consueti miei impegni parlamentari. “Serve la tua presenza per alcuni comizi di chiusura in provincia di Taranto. Io non potrò esserci, ma ti accompagnerà il federale”. Quella richiesta mi lusingava e mi sorprendeva, al tempo stesso. “Scusami Pinuccio, ma perché proprio io?” E lui: “Perché lì ci vuole uno che faccia piangere la gente. E tu ci riesci benissimo!”, tagliò corto, con una di quelle sue contagiose risate. Accettai volentieri. Il solerte federale mi accolse puntuale all’aeroporto di Bari: “Pinuccio si scusa ma, come sai, è costretto a restare a Roma”. I primi due comizi andarono bene: folla in piazza, entusiasmo alle stelle. L’ultima tappa fu in un grosso centro dell’entroterra, non ricordo bene dove, all’interno di uno storico teatro, gremito in ogni settore. Stavo per chiudere il mio comizio quando vidi entrare in sala Tatarella. Lo invitai a salire sul palco ed a chiudere la serata. Egli parlò per alcuni minuti. Ad un tratto si fermò, portò una mano sul petto e fece un cenno di dolore, di fastidio. Non stava bene. “Mi hai fatto una bella sorpresa”, gli dissi compiaciuto, appena fummo fuori dal teatro. “Non potevo non venire a salutarti. Andiamo adesso a mangiare qualcosa”, insistette, malgrado il mio invito a lasciar perdere affinché andasse a riposare. Restammo a parlare per tutta la serata, davanti ad un piatto di pesce: ci occupammo delle “componenti” del Partito, delle ormai prossime elezioni europee, del mio assorbente impegno alla guida della Provincia di Catania. Erano mesi che non riuscivamo a fare una così lunga chiacchierata. Ed anche in quella occasione Pinuccio fu prodigo di consigli, elargiti con affettuoso spirito protettivo. Dopotutto, era da anni il mio capocorrente. Il nostro sodalizio era antico di oltre un decennio. Risaliva all’estate del 1987 quando, in vista del congresso del dopo-Almirante (e, quindi, delle assise provinciali), Pinuccio cercava in tutta Italia militanti e dirigenti a cui affidare la sorte della neonata mozione “Destra in Movimento”, che avrebbe dovuto portare Fini alla segreteria del Msi. Il messinese Mimmo Nania, nostro parlamentare nazionale, gli segnalò il mio nome – trentenne, almirantiano da sempre e membro del Comitato centrale – e Tatarella venne apposta a Catania, in un afoso pomeriggio agostano, per conoscermi, illustrarmi la strategia da seguire e propormi la candidatura alla segreteria provinciale del Partito. Più che una proposta mi sembrò, in verità, una disposizione. Mi impegnai per alcuni mesi affinché le attese non fossero deluse e alla fine ci riuscimmo: congresso etneo vinto e io elet-to segretario federale, superando il favorito candidato-rivale “servelliano” sostenuto da tutti e otto i parlamentari catanesi!
Da allora, Tatarella divenne il mio principale riferimento nazionale nel partito. Un rapporto, il nostro, di grande lealtà e di reciproca stima. E quando, nella primavera del ’94 nel collegio Sicilia-Sardegna si dovette tirare su una lista competitiva per le europee, fu ancora Pinuccio a chiedermi di accettare la nuova sfida, malgrado fossero passate solo poche settimane dalla mia non scontata elezione – col sistema diretto – a presidente della Provincia di Catania, sotto il simbolo della Fiamma! Alleanza Nazionale non era ancora stata battezzata e perciò fu doppia la soddisfazione di aver dato al Movimento Sociale Italiano per la prima volta (e l’ultima) la guida di una Provincia italiana. Tatarella fu un fecondo creativo, un abile mediatore, con fiuto e intuito politico eccellenti. Seppe distinguere la nostalgia dalla tradizione: diffidava dei propugnatori della prima e coniugava con efficacia i valori tradizionali con la innovazione e il riformismo. Senza la sua lungimiranza e la capacità di dialogo, Alleanza Nazionale non sarebbe mai nata. E, aggiungo, con lui in vita, quel nuovo Partito non sarebbe morto. Pinuccio credeva davvero in una Destra di governo, capace di rappresentare il cambiamento in Italia, una Destra candidata ad assumere il ruolo di Partito-guida nella Seconda Repubblica. Un sogno troppo grande per essere realizzato dopo la sua prematura morte.
* Presidente della Regione Sicilia
Testo tratto dal libro “Pinuccio Tatarella – passione e intelligenza al servizio dell’Italia”, edito da “Giubilei Regnani”. Link per l’acquisto del libro: http://www.giubileiregnani.com/libri/pinuccio-tatarella/