L’Onu: Israele sparò intenzionalmente su 6.000 civili. Si profila il crimine contro l’umanità
Si profila l’accusa di crimine contro l’umanità per Israele dopo che una Commissione d’inchiesta dell’Onu ha accusato Tel Aviv di avere aperto intenzionalmente il fuoco contro civili palestinesi nel corso delle manifestazioni lo scorso anno a Gaza, dimostrazioni nel corso delle quali morirono 189 persone.
Un comportamento che potrebbe configurare un crimine contro l’umanità per Israele.
La Commissione d’inchiesta, incaricata dal Consiglio per i diritti umani, ha detto che oltre 6.000 persone sono state colpite da proiettili sparati dai cecchini di Israele per respingere i manifestanti vicino alle barriere di confine.
Israele, dal canto suo, respinge il rapporto del Consiglio dei diritti dell’uomo dell’Onu definito dalle parole del ministro degli esteri ad interim Yisrael Katz «un teatro dell’assurdo che ha prodotto un altro ostile, falso e prevenuto» atto.
Non è certo la prima volta che l’Onu punta il dito contro Israele per le violazioni dei diritti umani rilevate dalle Commissioni d’inchiesta – 75 “International Commissions of Inquiry“ in tutto dalla prima del 1963 – varate dalle Nazioni Unite per accertare violazioni su tutti gli Stati del mondo.
Nel 2018 una Commissione d’inchiesta dell’Onu riscontrò gravi violazioni sui diritti umani da parte di Israele nei Territori Occupati.
La Commissione, composta dallo statunitense David Michael Crane, un esperto di diritto internazionale che, quale procuratore capo del Tribunale sulla Sierra Leone aveva incriminato l’allora presidente Charles Taylor, l’avvocatessa bengalese Sara Hossain, e la collega keniota Kaari Betty Murungi, che si è occupata di diritti umani in Sierra Leone, Ruanda, Uganda e Sud Sudan, fu chiamata ad «indagare su tutte le presunte violazioni e abusi del diritto umanitario internazionale e del diritto internazionale sui diritti umani nei Territori palestinesi occupati, inclusa Gerusalemme Est, in particolare la Striscia di Gaza occupata, nel contesto degli assalti militari alle proteste civili su larga scala iniziate il 30 marzo 2018».
Nel 2014 un’altra Commissione di Inchiesta dell’Onu composta dalla statunitense Mary McGowan Davis, ex-giudice della Corte Suprema dello Stato di New York, dal docente canadese William Schabas , professore di diritto internazionale ed ex-membro della Commissione per la verità e la riconciliazione della Sierra Leone e, infine, dal senegalese Doudou Diène, era stata spedita in Israele a indagare sul cosiddetto “conflitto di Gaza“.
Nel 2010 sono addirittura due le Commissioni che l’Onu invia in Israele: la prima riguarda le violazioni del diritto internazionale, comprese le leggi umanitarie internazionali e sui diritti umani per gli attacchi israeliani alla flottiglia di navi che trasportano aiuti umanitari nella parte superiore di Gaza. La seconda Commissione, sempre nel 2010, viene mandata dall’Onu «per monitorare e valutare eventuali procedimenti interni, legali o di altro tipo intrapresi sia dal governo di Israele che dalla parte palestinese».
L’anno prima, nel 2009, un’altra Commissione d’inchiesta Onu sul cosiddetto “conflitto di Gaza“.
Nove anni prima, nel 2000, l’Onu invia i suoi ispettori in Israele «per raccogliere e compilare informazioni sulle violazioni dei diritti umani e degli atti che costituiscono gravi violazioni del diritto internazionale umanitario da parte del potere occupante israeliano nei territori palestinesi occupati».
E, ancor prima, nel 1979, l’Onu manda una Commissione d’inchiesta in Israele per indagare «sugli insediamenti israeliani nei territori arabi occupati dal 1967, inclusa Gerusalemme».