Droga, è esplosione tra gli adolescenti: le famiglie sempre più sole
C’è una nuova emergenza droga tra gli adolescenti. Le pagine dei giornali sono piene di notizie allarmanti: “Torna l’eroina”, “Ragazzini di 14 anni usati per lo spaccio perché non imputabili”, “Una dose di eroina a 5 euro nella periferia di Milano”, “Coktail mortali”. Due giorni fa il tema è stato affrontato sul Secolo che ha denunciato una proposta di legge dell’ex ministro Fedeli, depositata in Senato, sulla droga libera. Una proposta che va contro i nostri figli. Oggi il tema dell’emergenza droga tra gli adolescenti è stato trattato dal Corriere della Sera, con un editoriale a firma del Antonio Polito dal titolo La droga e i nostri ritardi. L’eroina è tornata nel mercato e a farne uso sono sempre i più giovani. Come riporta il Corriere, è diversa per qualità e costo da quella che veniva usata negli anni passati. Non solo: nuove sostanze hanno creato nuovi consumatori. Il problema è serio anche perché spesso gli adolescenti non sanno quello che assumeno e quindi la soglia di percezione del rischio si è abbassata.
Emergenza droga, norme troppo vecchie
Le norme che regolano il sistema della prevenzione e dell’assistenza, denuncia Polito, risalgono agli anni ’90 e furono scritte per un fenomeno del tutto diverso. Che fare allora? Per Polito i ragazzi che si drogano hanno bisogno di un aiuto prima che sia troppo tardi. I Sert (Servizi per le dipendenze patologiche), scrive il vicedirettore, non sempre sono la porta d’ingresso migliore per chi incontra le droghe per la prima volta, e questo al di là dell’impegno e della dedizione con cui tanti operatori lavorano. Tarati sulla gestione dei tossicodipendenti cosiddetti «cronici», di lunga durata e di età matura, «gestiti» con il metadone, ai nuovi arrivati non possono offrire molto di più che un colloquio psicoterapeutico e dei farmaci. Altro punto debole riguarda l’ingresso in comunità che per gli adolescenti che è difficile: il processo è troppo lento. Se un medico prescrive un periodo anche breve di ricovero, perché l’Asl riconosca la spesa la famiglia deve ingaggiare un avvocato. Il paradosso, scrive Polito, è questo: se mio figlio si ammala, posso portarlo in qualsiasi ospedale d’Italia per curarlo. Se comincia a drogarsi, non tocca a me decidere se, quando e dove potrà essere curato.
Altro punto riguarda la «residenzialità», anche solo diurna (che spezza il legame con l’ambiente «tossico»), è essenziale. E poi c’è il dramma delle famiglie. I genitori, si legge sul Corriere, sono disperati e non sanno che fare: molti padri e madri sperano con tutto il cuore che i loro figli siano fermati e processati per un reato. Certe volte li denunciano addirittura. Infine, tra le dipendenze (i Serd si occupano anche di quelle da alcolismo, ludopatia, Internet) e le sindromi c’è un sottilissimo confine. Anzi, molti studi dicono che l’uso di sostanze, a partire dalla marijuana, è prima di tutto un indicatore di disagio psichico. Però in Italia i canali di cura sono separati, e le strade tra i Serd e i servizi psichiatrici si incontrano solo nel caso delle cosiddette «doppie diagnosi», ragazzi con problemi psichici e dipendenza insieme (come Pamela, uccisa un anno fa a Macerata). In alcune regioni, conclude Polito, come la Lombardia, si sta infatti sperimentando un coordinamento tra Serd e servizi psichiatrici.