Brexit, Theresa May apre a un breve rinvio e promette il voto sul “no deal”
Theresa May apre all’ipotesi di un rinvio «breve e limitato» della Brexit rispetto alla data prevista del 29 marzo. La premier lo ha annunciato alla Camera dei Comuni durante una riunione sui colloqui con Bruxelles, precisando di voler mettere ai voti questa opzione nel caso in cui «entro il 12 marzo» fosse di nuovo bocciata a Westminster la sua proposta di divorzio concordato oggetto al momento di negoziati supplementari con l’Ue. La May ha spiegato che in caso di una sua bocciatura il 12 marzo, il giorno dopo il governo sottoporrà al voto della Camera un primo emendamento sull’ipotesi di un “no deal” e, nell’eventualità pressoché certa che questa ipotesi fosse rigettata, un secondo emendamento sull’opzione del rinvio. La premier ha promesso che il Parlamento di Londra potrà votare per decidere se lasciare l’Ue con un “no deal”. «Così – ha detto – il Regno Unito potrà uscire dall’Ue il 29 marzo senza accordo solo con l’esplicito consenso del Parlamento». Se l’ipotesi “no deal” verrà respinta, ha proseguito, allora ci sarà un terzo voto per permettere «una breve, limitata estensione» dei negoziati sulla Brexit con l’Ue. «Non voglio una proroga dell’articolo 50. Il nostro obiettivo assoluto dovrebbe essere puntare ad un accordo e all’uscita il 29 marzo», ha detto May in uno dei passaggi finali. Il governo britannico vuole, infatti, «una Brexit concordata» con l’Ue, ma resta impegnato a «fare di un no deal un successo» se un’uscita senz’accordo si rivelasse alla fine necessaria.
Una proroga dell’articolo 50, con un rinvio della Brexit «oltre la fine di giugno, significherebbe la partecipazione del Regno Unito alle elezioni per il Parlamento europeo», ha poi sottolineato Theresa May. «Che tipo di messaggio sarebbe questo per i 17 milioni di persone che ormai quasi tre anni fa hanno votato per lasciare la Ue?», ha chiesto la premier britannica. Una “breve estensione” dell’articolo 50, «non oltre la fine di giugno», ha proseguito la premier, «dovrebbe essere quasi certamente una tantum», perché, «non avendo preso parte alle elezioni europee, sarebbe estremamente difficile prorogare di nuovo e questo creerebbe un rischio molto più grave nel giro di pochi mesi».