Vent’anni senza De André, il poeta malinconico che ha cambiato l’Italia (video)

11 Gen 2019 16:23 - di Aldo Di Lello

Fabrizio De André è morto da vent’anni, ma non se n’è mai andato dal cuore e dalla mente egli italiani. De André è rimasto. È rimasto  con le sue ballate e  le sue poesie in musica.  Perché De Andrè è stato innanzi tutto poeta. Riduttivo definirlo cantautore. La sua musica non è stata solo colonna sonora del tempo, ma energia creativa che ha segnato  la vita, il linguaggio, lo stare in compagnia, cantando, di almeno due generazioni di italiani. È stato poeta, De André, anche se alle eminenze culturali dell’Accademia di Svezia non sarebbe mai venuto in mente di  assegnargli il premio Nobel, come hanno fatto con Bob Dylan qualche anno fa.

Il lirismo di Genova

De André è stato poeta, portendo in sé il lirismo malinconico di Genova. Una malinconia, sia chiaro, che non voleva dire cupezza o tetraggine, ma rincorsa costante a riconquistare felicità perdute: «Quei giorni perduti a rincorrere il vento/ a chiederci un bacio e volerne altri cento/ un giorno qualunque li ricorderai/ amore che fuggi da me tornerai». Malinconia come  consapevolezza che la felicità fugge e che occorre respirare fino in fondo l’attimo breve della  gioia. Cone nella struggente Canzone di Marinella: «E come tutte le più belle cose /Vivesti solo un giorno, come le rose».

Già, la malinconia poetica di Genova-  Anche Montale veniva da lì e , della sua città, ci regalò tante toccanti visioni. Come questa: «Oh l’orizzonte in fuga, dove s’accende rara la luce della petroliera». Di Genova, De André cantava invece i vicoli, come via del Campo, dove  «c‘è una puttana / gli occhi grandi color di foglia / se di amarla ti vien la voglia / basta prenderla per la mano / e ti sembra di andar lontano».  Di Genova, De Andé scolava avidamente il nettare creativo, come nelle nottate passate nelle osterie della Città Vecchia, insieme al suo amico.sodale Paolo Villaggio negli anni  Sesanta, un decennio di straordinaria creatività per la Città della Lanterna, dove si affermarono altri poeti-musici come Gino Paoli e Bruno Lauzi.

Anarchico «esistenziale»

Era anarchico, De André, ma il suo non era l’anarchismo ideologico  e bombarolo di Mchail Bakunin bensì quello pre-politico ed esistenziale  di Georges Brassens, dal quale trasse ispirazione, l’anarchismo contro l’ipocrisia delle convenzioni sociali, dei giudici inflessibili  e dei moralisti sessuofoboci, come la «vecchia mai stata moglie/senza mai figli, senza più voglie»  che dà il «consiglio giusto» alle «comari» per cacciare bocca di rosa  dal paesino messo a soqquadro da un’eplosione  di sensualità.

Ha cambiato l’Italia, Frabrizio De André, come solo possono cambiare il mondo i poeti e gli artisti,  aiutando tante menti a salvarsi dal conformismo, educando giovani all’ironia e al disincanto, mantenendo viva la creatività italiana  in decenni plumbei e feroci. Il suo lascito è una traccia ineffabile  e agrodolce, come quella sul volto del Pescatore, che «aveva un solco lungo il viso come una specie di sorriso»..

Commenti

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  • Mario Stipa 11 Gennaio 2019

    Era un illuso compagno, e basta.