Lollobrigida: «“Libero” ha provocato ma niente ritorsioni da parte del governo»
«Il titolo di Libero è provocatorio e forse anche discutibile, ma il clima da regime instaurato da questo governo è ben più fastidioso e intollerabile». Francesco Lollobrigida, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, scende in campo in merito alle polemiche alimentate dai grillini (e parte del Pd) per il titolo di prima pagina del quotidiano diretto da Vittorio Feltri che collega il calo del Pil all’aumento dei gay. «Minacciare ritorsioni, per ora economiche, contro chi scrive cose che non si condividono è un attacco al pluralismo dell’informazione e alla libertà di stampa. Di Maio e il M5S – spiega l’esponente di Fratelli d’Italia – hanno un concetto di libertà simile a quello dei rivoluzionari francesi, che in suo nome tagliavano le teste di chi non ne condivideva le scelte fino a trovarsi sotto la ghigliottina loro stessi».
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Federazione nazionale stampa romana che respinge al mittente l’altolà del vicepremier pentastellato sui fondi agli organi di stampa. «Il ministro Luigi Di Maio e il sottosegretario all’Editoria Vito Crimi continuano ad avere un approccio sbagliato nei confronti del mondo dell’informazione. La giusta condanna di ogni forma di discriminazione e del linguaggio offensivo delle diversità, al quale si abbandona oggi il titolo di apertura del quotidiano Libero, non può giustificare in alcun modo la rivendicazione del ministro e del sottosegretario di cancellare qualsiasi forma di sostegno all’editoria». ll messaggio è contenuto in una nota firmata da Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, segretario generale e presidente della Fnsi. «Trasformare critiche legittime e condivisibili in provvedimenti di carattere ritorsivo è sbagliato, oltre che ingiusto. Il modo migliore per affrontare il problema – proseguono i vertici della Fnsi – è quello di ragionare di riforma dell’editoria legando qualsiasi forma di sostegno non soltanto al rispetto delle norme di legge e dei contratti nazionali di lavoro, ma anche all’osservanza degli obblighi imposti dalla legge e dalle carte deontologiche dei giornalisti, che vietano e sanzionano qualsiasi forma di discriminazione delle diversità e delle minoranze».