Alzheimer, uno studio rivela: nei difetti del linguaggio parlato i primi sintomi della malattia

9 Gen 2019 13:37 - di Redazione

Uno studio tutto italiano fissa un’altra importante bandierina sul terreno delle acquisizioni scientifiche su uno dei mali più monitorati: l’Alzheimer. E così, una ricerca frutto della collaborazione dell’Università di Bologna e dell’Unità di Neuropsicologia clinica dell’Arcispedale Santa Maria Nuova Ircss di Reggio Emilia co-finanziato dal Miur, rivela che i primissimi sintomi dell’Alzheimer sono nascosti tra le pieghe del linguaggio parlato, o meglio in alcuni piccoli errori. Dunque, grazie a particolari tecniche di analisi linguistica, potrebbe essere possibile individuare precocemente i segnali della malattia.

Alzheimer, uno studio rivela: i primi sintomi nei difetti del linguaggio parlato

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Frontiers in Aging Neuroscience. Gli studiosi sono riusciti a individuare specifiche alterazioni nell’uso della lingua parlata in pazienti che presentano i primi segni di deterioramento cognitivo. Un metodo che potrebbe anticipare notevolmente il riconoscimento dell’insorgere della malattia e consentire di attivare così per tempo misure terapeutiche adeguate ad alleviare l’impatto nella vita quotidiana. Il lavoro collega dunque neuroscienza e linguistica applicando strumenti di analisi del linguaggio a un problema medico urgente come il riconoscimento precoce del decadimento cognitivo. Nello studio clinico sono stati coinvolti 96 partecipanti, metà dei quali con segni di deterioramento cognitivo lieve (mild cognitive impairment), una condizione che può precedere l’insorgere del morbo di Alzheimer. Durante l’esperimento, a ogni partecipante è stato chiesto di descrivere a parole prima i dettagli di un’immagine, poi una loro tipica giornata di lavoro e infine l’ultimo sogno che ricordavano.

Ecco come e cosa può significare individuare i segnali del male prima dei sintomi

Le risposte sono state analizzate utilizzando tecniche di elaborazione del linguaggio capaci di esaminare il ritmo e il suono delle parole, l’uso del lessico e della sintassi e altri dettagli. Confrontando le risposte dei soggetti affetti da deterioramento cognitivo lieve con quelle dei soggetti privi di disturbi, la sfida dei ricercatori era trovare segnali della presenza di deterioramento cognitivo che i test neuropsicologici convenzionali non sono in grado di identificare. Una sfida che, al termine dell’analisi, ha restituito i risultati sperati. «Il morbo di Alzheimer è una malattia che, a causa di un’alterazione delle funzioni cerebrali, provoca il declino progressivo sia della memoria che delle funzioni cognitive, fino alla perdita completa dell’autonomia – ricordano i ricercatori –. Prima di manifestarsi in modo evidente, però, l’Alzheimer attraversa una fase che può durare diversi anni, durante la quale, nonostante i sintomi siano minimi, la malattia è al lavoro. Individuare i segnali della presenza dell’Alzheimer già in questa fase “pre-sintomatica”, aumenta la potenzialità delle cure disponibili e di quelle future, in quanto agiscono su un sistema solo parzialmente compromesso e quindi più sensibile al trattamento, sia esso farmacologico o di riabilitazione cognitiva».

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