Bologna, è rissa tra “pm” e parti civili sull’interpretazione “storica” della strage

20 Dic 2018 16:25 - di Massimiliano Mazzanti

Riceviamo da Massimiliano Mazzanti e volentieri pubblichiamo:

Caro direttore,

Prima di tornare sulle polemiche accesesi intorno alla testimonianza di Stefano Sparti, non si può non evidenziare il durissimo scontro avvenuto, sempre nell’udienza del 19 dicembre scorso, tra parti civili e Procura della Repubblica. Oggetto del contendere, due “memorie” che le parti civili vorrebbero depositare agli atti del processo a carico di Gilberto Cavallini e che dovrebbero indurre i pubblici ministeri a indagare sui possibili collegamenti tra Nar, servizi segreti “deviati” e quella strana e fantomatica organizzazione – su cui, da un punto di vista giudiziario, si è già indagato rilevandone la semplice inesistenza – chiamata “L’Anello”. La tesi delle parti civili non solo è nota, ma fondamentale, nella loro impostazione del processo: la strage di Bologna sarebbe stata eseguita dagli imputati condannati e da quello attualmente sotto processo, ma su mandato dei “servizi” e di questa impalpabile “Anello”, il cui fine sarebbe stato quello d’impedire al Partito comunista di scalare le vette del potere in Italia.

Ragionamento complesso

Il ragionamento degli avvocati delle parti civili è certamente più complesso e articolato, ma la sostanza è quella appena riassunta. Secondo i pubblici ministeri, però, si tratta semplicemente di <bizzarrie logico-giudiziarie> e che, comunque, contrasterebbero con le regole del rito penale che, a questo punto, è chiamato a verificare solo se, nei comportamenti di Cavallini precedenti il 2 agosto, si possa ravvisare una vera e propria partecipazione all’evento stragista che, nell’impianto accusatorio, non vuole mettere in discussione le precedenti sentenze contro Francesca Mambro, Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini. Oltre a questo, insistono i pubblici ministeri, esiste già un secondo procedimento aperto contro gli ignoti “mandanti” della strage di Bologna; procedimento originato da esposti analoghi alle “memorie”che si vorrebbero introdurre anche nel processo contro Cavallini e redatte più o meno dalle stesse mani: dunque, quella semmai sarebbe la sede per discutere le “bizzarrie logico-giudiziarie” care all’ex-parlamentare del Pd, Paolo Bolognesi.

Ovviamente, su questa linea concordano i difensori di Cavallini. D’altro canto, è già stata rilevata, anche su queste colonne, l’inconsistenza storica di una siffatta tesi che, in particolare per la strage di Bologna, vorrebbe affermare come “fatto storico” una stupidaggine senza confini: nel 1980, tanto la maggioranza della Dc quanto il Psi avevano abbandonato autonomamente l’idea di una collaborazione di governo col Partito comunista che, di conseguenza, era tornato all’angolo, dopo la stagione della “solidarietà nazionale”. Per altro, a voler prendere per serie certe tesi – ma solo per un attimo – e tenendo conto che, a cavallo tra 1979 e 1980, a seguito dell’invasione dell’Afghanistan verso cui il Pci di Enrico Berlinguer s’appiattì nella solita acquiescenza verso tutto ciò che caratterizzava la politica di Mosca, i comunisti italiani si dimostrarono una volta di più la “quinta colonna” dell’Urss in Italia (cioè, in un paese dell’Alleanza atlantica), gli eventuali “terroristi” che avessero operato su ordine dei vertici militari – al fine d’impedire che i “collaborazionisti” dei russi s’impossessassero dell’Italia – sarebbero da decorare, mica da processare. Tanto più che, secondo l’avvocato Nicola Brigida, legale delle parti civili particolarmente affascinato dall’ipotesi “Anello”, avrebbero operato su esclusiva e diretta dipendenza della Presidenza del Consiglio dei ministri.

“Dipendenti pubblici”

Altro che “eversori”, insomma: Cavallini, Fioravanti e gli altri sarebbero stati “dipendenti pubblici”, per quanto investiti di compiti pericolosi e tutto sommato “sporchi”. Tornando alla realtà, si possono spendere i soldi dello Stato, drenare i fondi destinati alla Giustizia e, quindi, alla sicurezza del Paese, per esplorare processualmente idiozie del genere? Ovviamente no, almeno secondo i “pm” e anche secondo i legali di Cavallini e le persone di buon senso. Ora, però, s’attende il giudizio della Corte, a cui sola spetta di decidere se estendere ulteriormente il processo a queste idee fantasiose o limitarsi alle eventuali responsabilità dell’imputato, secondo quanto previsto nel decreto che ne dispone il rinvio a giudizio. Ovviamente, Paolo Bolognesi – che è anche il presidente dell’Associazione familiari delle vittime – ha tuonato contro i pubblici ministeri che hanno così drasticamente rigettato queste tesi, ma la reazione dimostra ancora una volta come, a Bologna, non si stia processando un uomo, ma, attraverso un uomo, un pezzo di storia recente del Paese, ma senza quel rigore, quella serietà e, sopra a tutto, senza quelle imparzialità e serenità che, a tanti anni di distanza, solo lo storico potrebbe garantire. E siccome la Sinistra italiana non da oggi è carente di storici importanti disposti a sottoscrivere certe “bizzarrie”, prova a ottenere il risultato con quello che ha: qualche magistrato. Anche se c’è da sperare che, rispetto al passato, di giudici disposti a sostituirsi agli storici non ne esistano più.

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