Resa dei conti in Libia? Haftar è a Roma, il governo non sbagli ancora

4 Dic 2018 18:11 - di Antonio Pannullo

Sta per succedere qualcosa in Libia e forse l’Italia finalmente può svolgere un ruolo da protagonista nella nostra ex colonia. Il generale libico Khalifa Haftar, uomo forte del governo di Tobruk, è in arrivo questa sera a Roma. E’ quanto apprende l’agenzia Adnkronos da fonti libiche. Il generale arriva improvvisamente a Roma tre settimane dopo la conferenza di Palermo per la Libia, dove, a margine dei lavori, aveva incontrato il presidente del Consiglio presidenziale libico Fayez al Serraj. Quest’ultimo era stato imposto da Francia e Ue alla comunità internazionale come interlocutore dell’Ocvcidente, e il governo Gentiloni si era subito prostrato ai diktat di Bruxelles. Il problema è che al Serraj non controlla neanche il palazzo dove risiede, ed era l’uomo giusto per un governo-fantoccio che facesse gli interessi di Macron e della Ue. Haftar, che è l’uomo che controlla territorialmente gran parte della Libia, vistosi rifiutato dalla Ue, si è appoggiato alla RUssia, dove ha trovato in Vladimir Putin un attento interlocutore. Ora il governo italiano deve giocare bene le sue carte se vuole difendere i nostri interessi in Libia, dal petrolio all’invasione dei clandestini. Ieri, alcuni media avevano parlato di un possibile incontro tra Haftar e Serraj ad Amman, dove il capo del governo di concordia nazionale si trovava in visita per un incontro con re Abdullah di Giordania, con il quale aveva firmato una serie di accordi. E oggi il presidente del Consiglio presidenziale libico si trova a Bruxelles, dove è in corso la riunione dei ministri degli Esteri della Nato e dove ha incontrato il segretario generale dell’Alleanza atlantica Jens Stoltenerg.

A complicare le cose si apprende che i membri della comunità Tuareg riuniti nella città di Ubari nella Libia sudoccidentale, in genere amici dell’Italia, hanno condannato nei termini più duri il raid aereo condotto il 29 novembre scorso da Africom, il comando militare africano degli Stati Uniti, vicino alla città di Awaynat, denunciando che le 11 persone uccise erano tutti civili. Africom aveva riferito che nel raid erano stati uccisi militanti di al-Qaeda. I manifestanti hanno invece accusato Africom di aver ucciso undici persone innocenti con il pretesto della lotta al terrorismo e senza alcuna prova della loro colpevolezza, parlando di ”massacro orribile ad Awaynat”. I manifestanti hanno anche chiesto al procuratore generale e al ministero degli Interni di aprire un’inchiesta ”imparziale, internazionale e locale” sull’attacco per chiarire le circostanze. I Tuareg minacciano di inasprire i toni della protesta se la richiesta non verrà accolta entro 48 ore. Gli anziani della comunità Tuareg hanno anche chiesto ad Africom di scusarsi e di ammettere lo sbaglio commesso con il raid aereo, riconoscendo le persone responsabili.

 

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