È morto George Bush senior. Trump: «Ha ispirato generazioni di americani»
È morto l’ex presidente degli Stati Uniti George HW Bush all’età di 94 anni. Bush senior da anni soffriva del morbo di Parkinson ed era costretto su una sedia a rotelle. Lo scorso novembre era diventato il presidente americano più longevo della storia americana. Il portavoce della famiglia Bush, Jim McGrath, ha spiegato che l’ex presidente è deceduto poco dopo le 22 di venerdì. Lo scorso aprile, all’età di 92 anni, era scomparsa la moglie, Barbara Bush. Annunciando la morte del padre, il figlio, George W. Bush, che è stato presidente dal 2001 al 2009, in una dichiarazione lo ha ricordato come «un uomo di altissimo carattere e il miglior papà che un figlio o una figlia possano avere». Negli ultimi anni Bush senior era stato ricoverato più volte, riuscendo però a riprendersi.
«Ha ispirato generazioni di americani», ha ricordato il presidente americano Donald Trump. «Con giudizio, buon senso e impassibile leadership, Bush ha guidato la nostra nazione e il mondo verso una pacifica e vittoriosa fine della Guerra fredda – ha scritto Trump in una dichiarazione postata su Twitter – Il nostro cuore è dolorante per la sua perdita, e noi, con il popolo americano, mandiamo le nostre preghiere a tutta la famiglia Bush, mentre onoriamo la vita e l’eredità del 41 presidente». Trump ha anche reso omaggio alla «autenticità essenziale, all’intelligenza disarmante e all’impegno costante verso la fede, la famiglia e il Paese» dell’ex presidente, spiegando che «il suo esempio continuerà a ispirare gli americani a perseguire le cause più giuste».
Un patriota
«L’America ha perso un patriota e un umile servitore in George Herbert Walker Bush – ha scritto su Twitter l’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama – I nostri cuori oggi sono pesanti, ma sono anche pieni di gratitudine. I nostri pensieri vanno a tutta la famiglia Bush e a tutti quelli che sono stati ispirati dall’esempio di George e Barbara.
Era nato il 12 giugno del 1924 in Massachussets, George H. W. Bush. Era cresciuto a Greenwich, nel Massachussets, dove la famiglia si era trasferita. Il padre, Prescott, banchiere poi diventato senatore, viene considerato il fondatore della dinastia repubblicana, avviando la tradizione – dalla laurea a Yale, allora una delle più esclusive tra le università Ivy League, alla politica – poi seguita dai figli, nipoti e pronipoti. Appena 17enne, a un ballo di Natale a Greenwich, George Herbert – che aveva preso il nome dal nonno materno, anch’egli banchiere – incontrò la futura moglie Barbara, appena 16enne che poi sposò nel 1945, dopo essere tornato dalla Seconda Guerra mondiale dove ha combattuto come pilota della Marina. Dopo aver completato gli studi a Yale, George H. Bush si trasferì con la famiglia in Texas per lavorare nell’industria del petrolio. George W., suo primogenito e come lui futuro presidente degli Stati Uniti, aveva due anni.
Dopo quasi un ventennio nel campo del petrolio, durante il quale divenne milionario, Bush avviò la sua carriera politica e, sulle orme del padre, nel 1964 si candidò al Senato, ma senza successo. Nel 1966 invece venne eletto alla Camera dei rappresentanti, con un nuovo, fallimentare, tentativo di farsi eleggere al Senato nel 1970. L’anno seguente il presidente Richard Nixon lo nominò ambasciatore all’Onu, il primo di una serie di incarichi di alto profilo. Nel 1973 venne nominato alla guida del partito Repubblicano, un incarico difficile nel momento in cui la presidenza Nixon veniva travolta dallo scandalo Watergate. Una volta diventato presidente Gerald Ford, dopo le dimissioni di Nixon, Bush diventò capo dell’Us liason office a Pechino, l’ambasciata de facto creata dopo il riavvicinamento tra Cina e Usa nel 1973.
Poi nel 1976 diventò direttore della Cia, carica che mantenne solo fino al 1977, quando si insediò il democratico Jimmy Carter e Bush per quattro anni tornò nel settore privato. Nel 1979 si candidò alle primarie repubblicane che vennero però vinte da Ronald Reagan di cui diventerà il vicepresidente per due mandati, nel 1980 e nel 1984. Nel 1988 la sua candidatura e la sua vittoria alla Casa Bianca, per una presidenza tutta orientata sulla politica estera, dove ha registrato importanti, storici successi.
È stato infatti lui il presidente che, raccogliendo l’eredità lasciata dalla dottrina Reagan e il contrasto al comunismo in tutto il mondo, nel summit a Malta nel dicembre del 1989 con Mikhail Gorbachev dichiarò finita la Guerra Fredda. Poche settimane prima era caduto il Muro di Berlino e pochi mesi dopo si sarebbero riunificate le due Germanie. Tra il 1990 e il 1991 Bush costruì e guidò la coalizione per liberare il Kuwait occupato da Saddam Hussein e sconfiggere militarmente l’Iraq nel febbraio del 1991.
La battaglia con Clinton
Nonostante questi successi, Bush nella campagna per la rielezione si trovò costretto ad affrontare una dura battaglia con Bill Clinton, un giovane e poco conosciuto governatore democratico. «The economy, stupid», è la battuta, fatta allora da James Carville, uno degli strateghi di Clinton che poi diventerà uno dei protagonisti della successiva stagione politica di Washington, che sintetizzò le ragioni del successo del democratico contro un presidente che gli americani consideravano responsabile o poco interessato ai problemi che provocarono la recessione economica. Con la sconfitta del 1992, Bush si ritirò dalla politica trasferendosi con Barbara nella casa di Houston. Ma otto anni dopo, alla fine dei due mandati di Clinton, il figlio George W. vinse – in un’elezione combattuta letteralmente all’ultimo voto con Al Gore, e decisa solo dalla Corte Suprema – le presidenziali. Un altro Bush era arrivato così alla Casa Bianca. Era solo la seconda volta nella storia americana che un padre e figlio fossero entrambi presidenti, dopo che John Quincy Adams nel 1825 era stato eletto dopo il padre John, che era stato presidente tra il 1797 e il 1801.