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Attentati a Bologna, anarchici ancora in azione: incendiati ripetitori tv

Cronaca - di Massimiliano Mazzanti - 17 Dicembre 2018 - AGGIORNATO 17 Dicembre 2018 alle 16:05

Riceviamo da Massimiliano Mazzanti e volentieri pubblichiamo:

Caro direttore,

un altro attentato di chiara matrice anarchica, questa notte, ha funestato Bologna. I soliti ignoti, questa volta, hanno preso di mira i ripetitori e i cavi dell’emittenza televisiva a Monte Donato, dando fuoco al tutto e provocando danni che oggi impediscono a parte della città di ricevere i segnali delle emittenti. La firma del gesto eversivo è stata apposta su un muro poco distante, con la vernice spray: “Spegnere le antenne, risvegliare le coscienze”. Sull’episodio indagano i Carabinieri. Perché si perda tempo e denaro a indagare su anarchici ed estremisti di Bologna, poi, è un altro mistero della fede che anima parte delle istituzioni giudiziarie cittadine.

Troppi estremisti di sinistra l’hanno fatta franca

Non è un accento polemico, ma la presa d’atto che questi atti – va ricordato che si tratta del secondo attentato nel giro di una settimana o poco più – non trovano mai soluzione in un’aula di tribunale, a volte perché non si arriva a conoscerne gli autori; a volte perché, individuatili, i reati cadono sempre in prescrizione o perché le imputazioni formulate non reggono il dibattito processuale. Vuoi per un motivo, vuoi per l’altro, l’eversione di sinistra – non solo a Bologna, in verità – si estrinseca in una cornice di sostanziale impunità. Basti pensare che, sabato scorso, si è avuta notizia dell’esito del processo instaurato per l’aggressione ad Angelo Panebianco, il docente ed editorialista del Corriere della Sera violentemente contestato nel suo ufficio all’ateneo e a cui era stato murato addirittura l’ingresso alle sue stanze di lavoro. Cadute tutte le accuse, prosciolti gli imputati, e una sola condanna che – si accettano scommesse – sarà positivamente riformata – positivamente per il condannato – in secondo grado. Anche chi prese a sassate Matteo Salvini, da quanto si è potuto apprendere, l’ha fatta franca. Dunque, nella vasta materia dei reati che si possono commettere per ragioni o con motivazioni politiche, solo indossare brutte magliette o fare il saluto romano a un funerale può costituire elemento di seria e fondata preoccupazione, quando non di condanna: bombe e attentati incendiari, invece, sono destinati a essere valutati col metro dell’antifascismo militante, scomparso dalla società civile ma evidentemente ancora in largo uso nei tribunali.

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di Massimiliano Mazzanti - 17 Dicembre 2018