Morto Roberto Canditi, cronista di razza che raccontò con coraggio l’inchiesta di Bologna

9 Nov 2018 14:27 - di Massimiliano Mazzanti

Riceviamo da Massimiliano Mazzanti e volentieri pubblichiamo:

Caro direttore,

Lo scorso 2 novembre, è morto un grande cronista bolognese, Roberto Canditi, “nerista” di razza, il quale seguì per la sua testata – “il Resto del Carlino” – anche l’interminabile vicenda processuale per la Strage di Bologna. Tra le tante confidenze tra cronisti, una in particolare vale la pena di ricordarla, anche perché potrebbe essere uno spunto interessante per l’attuale procedimento in corso a carico di Gilberto Cavallini. Tra qualche giorno o qualche settimana, potrebbe essere chiamato nuovamente sul banco dei testimoni Sergio Picciafuoco, l’unico tra i mille imputati a essere stato certamente alla stazione di Bologna nel giorno e nell’ora della strage. Oggi, Picciafuoco non sembra più in grado di reggere un interrogatorio – è stata disposta una perizia medico-psichiatrica per appurarlo -, ma non è questo il punto.

Nelle more di una trasmissione sui delitti della “Uno bianca” – realizzata da Giovanni Minoli per Rai 2 e nella quale compariamo insieme -, Canditi confidò a chi scrive che la Polizia, per verificare i racconti di Picciafuoco circa i suoi spostamenti a Bologna il 2 agosto 1980, interrogò tutti i taxisti che lo avrebbero potuto trasportare di qua e di là, redigendo un approfondimento documento investigativo sul tema che fu introdotto nel dibattimento che lo riguardò. Altrettanto, sosteneva Canditi, il quale era sempre puntuale e preciso nelle sue narrazioni, la Polizia avrebbe fatto coi casellanti dei tratti autostradali che gli imputati, poi condannati – Francesca Mambro, Valerio Fioravanti -, avrebbero dovuto percorrere per raggiungere il capoluogo emiliano dal Veneto. Eppure – sottolineava sornione il Canditi -, di quell’accertamento non si trova traccia nella pur immensa mole di atti giudiziari allegati ai tanti processi celebrati per individuare gli attentatori.

Nessun casellante, in altre parole, testimoniò di aver visto la Mambro e Fioravanti – e nemmeno Cavallini – alle barriere da loro presidiate nella prima mattina del 2 agosto. Un elemento importante per la difesa, anche perché prodotto dagli organi investigativi dello Stato, e che avrebbe rafforzato il dubbio circa l’effettiva presenza degli imputati a Bologna – mai provata con un elemento oggettivo di un qualsiasi genere – nel momento della tragedia. Ora, la parola di Canditi, per altro, appunto, appena scomparso, può non essere sufficiente per dimostrare o negare alcunché, ma è logico e probabile – anzi, c’è da pensare che sia stato doveroso il farlo – che quell’accertamento sia stato compiuto. E sarebbe interessante capire chi e perché – se è stato fatto sparire – decise di non metterlo a disposizione dei giudici.

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