Bonafede si crede Robespierre. Il guaio è che non ci sono più patiboli
Manca solo lo svedese come lingua ufficiale e anche l’Italia può essere iscritta di diritto al club delle repubbliche idealmente federate nello Stato libero di Bananas, divertentissima parodia della revoluciòn caraibica firmata Woody Allen. Vero è che Di Maio e Conte poco hanno dei barbudos cubani, ma è altrettanto vero che niente più e meglio del loro “governo del cambiamento” riesce a confliggere col principio di realtà. Ora, ad esempio, si sono convinti che gli italiani si siano convertiti in massa al manettarismo di Marco Travaglio e che non dormano la notte pensando a quanto schifo faccia la prescrizione dei reati e a quanti ladri, corrotti, mungitori di pubbliche vacche e ungitori di pubbliche ruote, grazie ad essa, la facciano franca nei tribunali. Ovviamente, la realtà è ben diversa. Ma ai fautori del “cambiamento” interessa poco. Quand’anche fosse, del resto, si cambia la realtà. Si ispirano, in questo, all’avvocato Robespierre (ogni riferimento a Conte «avvocato del popolo» è casuale), a sua volta ispirato da Jean Jacques Rousseau (l’omonima piattaforma della Casaleggio & Associati non c’entra niente), che faceva marciare sotto braccio virtù e terrore in nome della «felicità del popolo». Ma anche a Stalin, che in omaggio al cambiamento non sterminò solo milioni di recalcitranti kulaki ma piegò anche il sapere all’ideologia. Fino ad elevare alla presidenza dell’Accademia sovietica di scienze agrarie Trofim Lysenko, prima di allora oscuro agronomo di provincia. Il tiranno rosso volle così premiarlo per la teoria della ereditarietà dei caratteri acquisiti. Un’aberrazione scientifica che faceva a cazzotti con i più elementari principi della genetica, ma che andava a nozze con l’ideologia marxista poiché sosteneva, anche nell’uomo, il primato dell’acquisito sull’innato. Insomma, i cambiamenti non sono mai indolore. Neanche in Italia. Anche se tra un Robespierre che affollava i patiboli di teste mozzate e uno Stalin che spopolava le campagne a colpi di mitra, un Bonafede che ci vuole solo imputati a vita è, tutto sommato, una fortuna.
Evitare la prescrizione stabilendo uno scadenzario per le sentenze: 18 mesi 1° grado, 24 mesi appello e, dietro un rigoroso filtro per l’ammissibilità, 12 mesi per Cassazione. In meno di 5 anni o assoluzione o condanna punto. Così si evita la prescrizione!
I 5stelle sono sempre stati fuori di testa. Hanno preso voti da un elettorato che così,e giustamente,pieno di rabbia contro i vecchi partiti,non stava tanto a ragionare sulle cazzate che dicevano.E da chi,al sud,è malato di assistenzialismo. Ma ora,con la Lega di Salvini,non più succube di Berlusconi,le cose andrebbero in modo diverso. Ma se fi non si sfalda i problemi di governo non sarebbero minori.E trovo corretta la posizione di Salvini. Lotta alla corruzione sacrosanta e mai troppa;ma anche la vita delle persone non in mano ad una magistratura politicizzata ed inefficiente. Non bo ho mai apprezzato gli infiniti motivi che fi ha sempre avanzato su ogni legge anticorruzione.