La sentenza che mette in ginocchio il clan Spada: in 3 condannati per mafia

18 Ott 2018 15:07 - di Redazione

Sono stati condannati per mafia tre esponenti del clan Spada di Ostia. Si tratta della prima condanna in cui viene riconosciuto per il clan il 416 bis, come sollecitato dalla Procura di Roma. La sentenza è stata emessa dal gup Corrado Cappiello nell’ambito di un rito abbreviato. I tre condannati sono Massimiliano Spada e Massimo Massimiani, detto Lelli, ai quali è stata inflitta una condanna a dieci anni e 8 mesi di carcere, e Claudio Galatioto, condannato a 9 anni.

I tre erano stati arrestati a gennaio scorso nel blitz che portò in carcere oltre trenta persone tra capi e affiliati al clan, 24 dei quali sono sotto processo nell’aula bunker di Rebibbia. Un contributo alle indagini è arrivato dalle dichiarazioni di diversi collaboratori giustizia come Michael Cardoni, Antonio Gibilisco, Paul Dociu e Tamara Ianni, che nelle scorse settimane è stata vittima di una gravissima intimidazione: un ordigno artigianale, per una casualità rimasto in parte inesploso, è stato lanciato contro la finestra della casa dei genitori.

Massimiliano Spada, secondo l’accusa, avrebbe partecipato all’associazione mafiosa operando nel settore armi, stupefacenti e intimidazioni; Massimiani, che in passato aveva fatto parte del clan dei Baficchio, avrebbe esercitato funzioni di supporto nell’esercizio della violenza e nel settore della droga, mentre Galatioto sarebbe stato impiegato nel controllo della sale giochi.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

  • Rocco Marino 19 Ottobre 2018

    Nel ventennio con a Capo il grande Benito queste cose non succedevano.
    Gli zingari, razza di natura nomade potevano sostare in una città per 48 ore invece nel periodo dei buonisti gli stessi si sono ramificati e hanno preso d’assalto l’economia Italiana, tra poco se li lasciamo fare prenderanno in mano anche le sorti della Politica Italiana la quale fa acqua da tutte le parti. Chi vivrà vedrà