“La nazione fatidica”: nell’ultimo libro di Scianca la risposta ai detrattori dell’Italia
Un libro contro i sentimenti anti-italiani, che contesta in modo puntuale e approfondito le voci di quanti sostengono che l’Italia, con il suo specifico portato identitario, non esiste. È l’ultimo saggio del giornalista Adriano Scianca, La nazione fatidica, elogio politico e metafisico dell’Italia, primo volume pubblicato dalla neonata casa editrice Altaforte, che nel frattempo ha già dato alle stampe il suo secondo libro (Ho difeso Licio Gelli, di Augusto Sinagra). «L’anti-italianità è un atteggiamento masochistico e trasversale, che è tanto insistente quanto fondato su basi inconsistenti. Basta imbattersi in una discussione sui social a proposito di immigrazione per rendersene conto, finendo sommersi dall’artiglieria dei semi colti: l’Italia è un crogiolo di razze diverse, non ha una sua cultura ancestrale, la sua unificazione è stata tardiva e imperfetta, si stava meglio quando eravamo divisi, e così via. Si tratta di un approccio tutto ideologico, e privo di qualsiasi fondamento», spiega Scianca.
Il volume di Scianca intende quindi essere una difesa serrata dell’Italia e dell’italianità, cominciando con il rintracciarne le tracce più antiche. La prima parte è tutta dedicata a riannodare i fili di un’identità antichissima: la questione del nome (e dei nomi) dell’Italia, per esempio. E poi la sua personalità geografica, già di fatto analoga a quella attuale sin dall’epoca augustea, se non prima. Altro aspetto cruciale è quello della lingua, che costituisce assai precocemente la posta in gioco di una battaglia politica e metapolitica cruciale. L’italiano non nasce dal lento sedimentarsi di una tradizione linguistica né dall’imposizione di una casata. Esso è sin da subito concepito come elemento identitario fondamentale, tanto che Dante Alighieri forgia il volgare con esplicita vocazione politica e ancora fino a Manzoni la scrittura nella nostra lingua è il frutto di una precisa scelta culturale, è un “farsi italiano”, scartando tradizioni regionali o addirittura straniere.
Il saggio prosegue con un approfondimento su Roma, con il particolare rilievo che viene dato alla rivoluzione augustea e all’epica virgiliana ai fini del consolidarsi di una consapevolezza italica anche in ambito romano, per poi passare a tracciare la storia dei simboli dell’italianità, con un intero capitolo dedicato al tricolore italiano le cui origini, a partire dagli studi dello storico Renato Del Ponte, vengono individuate nel mondo romano e ancor prima indoeuropeo.
La nazione fatidica termina, poi, con un capitolo dedicato al populismo contemporaneo, di cui si dice che deve essere un interlocutore prezioso, ma evidenziandone anche i limiti. Il populismo, lasciato a se stesso, diventa, per l’autore, “gentismo”, mero lamento fine a se stesso e senza centro. «Dai fermenti populisti va distillato un discorso politico capace di intercettare il malcontento popolare, ma in grado anche di saper dare soluzioni concrete e, soprattutto – spiega Scianca – di rendere giustizia a un popolo che non è solo un ammasso informe di “gente” con i forconi in mano, che inveisce contro il politico di turno». «Un popolo che è, invece – avverte l’autore – una comunità di destino».