Fratelli d’Italia: revocare subito il titolo di Cavaliere a Tito. Un insulto all’Italia

14 Ott 2018 18:32 - di Elsa Corsini

Come fa il Paese che onora il 10 febbraio come Giorno del Ricordo, in memoria delle migliaia di civili italiani vittime delle Foibe, ad avere il maresciallo Tito fra i titolari della massima onorificenza della Repubblica italiana? Questa la domanda che muove  i firmatari del disegno di legge depositato al Senato dal gruppo di Fratelli d’Italia per  modificare la disciplina della revoca dell’onorificenza. Basta andare sul sito del Quirinale per verificare che al presidente jugoslavo, Josip Broz Tito, venne conferita da Giuseppe Saragat, il 2 ottobre 1969,   l’onorificenza di Cavaliere di Gran croce Ordine al merito della Repubblica italiana. In più, “Decorato di Gran cordone”. I senatori di Fratelli d’Italia che hanno sottoscritto la proposta (a partire dal capogruppo Luca Ciriani) puntano a modificare la legge in vigore, n. 178 del 3 marzo 1951, che disciplina la materia. In particolare, l’articolo 5 che recita: “Salve le disposizioni della legge penale, incorre nella perdita della onorificenza l’insignito chi se ne renda indegno. La revoca è pronunciata con decreto del presidente della Repubblica, su proposta motivata del presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio dell’Ordine”. La modifica proposta inserisce la precisazione, “anche se defunto”.

Fratelli d’Italia: Tito Cavaliere? Un insulto

Quando la questione fu posta in passato, la procedura di revoca si scontrò con la sopraggiunta morte del presidente jugoslavo, 4 maggio 1980, comandante delle truppe che si resero responsabili, sul finire della guerra e dopo, dei crimini contro gli italiani del confine orientale. Un problema insolubile di comunicazione formale a mezzo “raccomandata con l’Aldilà”. Infatti, l’articolo 10 del decreto del presidente della Repubblica 13 maggio 1952 sulla revoca prevede che un cancelliere comunica all’interessato “la pro­posta di revoca e gli contesta i fatti su cui essa si fonda, prefiggendogli un termine, non inferiore a giorni venti, per presentare per iscritto le sue difese, da sottoporre alla valutazione del Consiglio dell’Ordine. La comunicazione è fatta a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Paradossalmente, proprio la Corte Costituzionale della Slovenia, ormai da tempo indipendente, nell’ottobre del 2011, ha sancito l’incostituzionalità dell’intitolazione di una strada a Tito, in considerazione delle violazioni dei diritti umani compiute sotto il suo regime. Anche l’amministrazione comunale della capitale croata ha tolto di recente dalla toponomastica di Zagabria il suo nome da una delle piazze principali. Il ddl di Fratelli d’Italia, quindi,  vuole “porre rimedio a questa inaccettabile distorsione al fine di consentire la revoca della più alta onorificenza della Repubblica italiana, anche post mortem, qualora l’insi­gnito si sia macchiato di crimini crudeli e contro l’umanità universalmente riconosciuti: un atto che finalmente contribuirebbe a sa­nare, seppur in parte, la ferita del confine orientale, rendendo il giusto tributo alle migliaia di vittime sulla cui memoria ancora oggi non si è fatta piena giustizia”. La vicenda ripropone la vera e propria rimozione degli eccidi di cui si macchiarono i partigiani titini al confine orientale, a lungo minimizzati o negati. Una condanna all’oblio venuta meno solo con la legge del 30 marzo 2004 che ha istituito la solennità civile del Giorno del Ricordo.

Commenti

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  • Marisa Fuoco Gilardi 15 Ottobre 2018

    uno così merita solo “sfregio” non titoli, era un assassino della peggior specie, ancora peggio di quel pazzoide tedesco

  • ANTERO 15 Ottobre 2018

    La revoca è un atto dovuto per quanto ormai simbolico !

  • Paola 15 Ottobre 2018

    Una cosa assolutamente vergognosa!!!