Fight club a Piacenza, “manager delle risse” rivela: «Da quando le organizzo ho più follower»
Qualcuno l’ha frettolosamente definita l’ultima folle moda della realtà emiliana; qualcun altro si limitato a parlare di risse social e altri ancora hanno definito l’inquietante fenomeno in continua ascesa – per ora geo-localizzato in quel di Piacenza – come veri e propri «incontri di boxe clandestini». Tutto vero: ma è solo una parte, e riduttiva, di quest’ultimo caso socio-patologico, opportunamente ribattezzato “Fight club”.
“Fight club” a Piacenza, un fenomeno (inquietante) in crescita
Un fenomeno che, solo nell’ultimo weekend, ha fatto sì che le forze dell’ordine identificassero oltre una sessantina di partecipanti alle risse per cui si erano dati appuntamento sul web. Già, perché come noto, i ragazzi interessati alla scazzottata per cui si sono contattati e precettati sui social, prima dei “5 minuiti di odio” preconizzati in epoca non sospetta nel lungimirante 1984 di George Orwell, prima decidono luogo e ora online, poi fissano la data; quindi, come ultimo atto, si incontrano e se le danno come se non ci fosse un domani. Ora, ridurre tutto questo semplicemente alla stregua di una “folle moda” che sta spopolando in Emilia Romagna potrebbe far correre il rischio di sottovalutare la portata violenta e sconcertante dell’iniziativa giovanile collettiva che, in questo caso, assembra in un unico indistinto magma di partecipanti, italiani e stranieri. Al momento, scuole e famiglie parrebbero all’oscuro di tutto, mentre da parte sua, il questore Pietro Ostuni, ancora un giorno fa, sulla vicenda confermava di mantenere «alta l’attenzione. La rete non è una lavagna. Le tracce di quello che succede sul web rimangono. Chiedo ai ragazzi di evitare di assistere a questi confronti e ai genitori di vigilare su quanto succede ai loro figli».
La testimonianza di un giovane manager delle risse
Figli che, tra protagonisti degli incontri clandestini e semplici spettatori, potrebbero – questo il sospetto adombrato dalla polizia postale e dallo stesso questore che indagano sul fenomeno per risalire a possibili eminenze grigie dietro i profili anonimi che invitano alla rissa e indicono l’incontro – potrebbero occultare abilmente un giro di scommesse clandestine organizzate dietro i combattimenti. Non solo: su questo inquietante sfondo va collocata l’intervista realizzata da la Repubblica e pubblicata oggi a uno dei ragazzi del fight club, protagonista delle scozzate tra minori e di una imprevedibile «impennata della popolarità social», tanto da far confessare “fiero” al quotidiano che lo interpella: «Da quando ho cominciato a organizzare gli incontri – scrive Repubblica – ho guadagnato 400 follower su Instagram. E i ragazzi che si sono picchiati in poche settimane sono stati seguiti da 1000 persone in più rispetto a prima». Un primato inquietante di cui invece il 15enne bosniaco intervistato parla in termini trionfalistici e con toni a dir poco soddisfatti. Un business portato avanti a duro prezzo il cui unico guadagno, stando a quanto argomentato dal giovane manager delle scazzottate, frutterebbe giusto qualche seguace – più che qualche amico virtuale – in più. Botte da orbi per avere seguito sui social network, insomma: ed è proprio questo il pugno che colpisce più forte e in pieno stomaco…
si ripristini immediatamente il servizio militare, ma di 3 anni !!! non possono che far bene ad una generazione allo sbando