Strage di Bologna: come per Ustica, il “colore nero garantiva” audience

17 Set 2018 14:26 - di Massimiliano Mazzanti

Riceviamo da Massimiliano Mazzantiustica e volentieri pubblichiamo:

Caro direttore,

Tra qualche giorno riprende il processo a carico di Gilberto Cavallini per la strage di Bologna e verranno nuovamente ribadite le tesi sui “depistaggi” che avrebbero condizionato le indagini, fin dai momenti immediatamente successivi all’evento terroristico, per “proteggere” l’estremismo di destra. A tale proposito, vale la pena mostrare ai lettori quali fossero, invece, proprio in quelle settimane, gli atteggiamenti dei servizi segreti verso la destra e l’eversione “neofascista” e come proprio la particolare “filosofia rivoluzionaria” del “terrorismo nero” – priva sostanzialmente e di una vera organizzazione disciplinata e di una strategia precisa e coerente – si prestasse al meglio per ogni manovra tesa a sviare l’opinione pubblica e la magistratura da piste ben più degne di attenzione. Esattamente un mese prima della strage di Bologna, pochi giorni dopo la precedente tragedia di Ustica, il Sismi fu richiesto di chiarire l’attendibilità della rivendicazione a nome dei Nar, con cui veniva rivelata la (falsa) presenza di Marco Affatigato sull’aereo precipitato nel mare siciliano. Nel documento che è oggi possibile mostrare, sono ben spiegate le ragioni di quel depistaggio che, guarda caso, ha le stesse identiche modalità di quel che accadde il mese successivo. Nell’appunto dei servizi, infatti, non solo si svela la provenienza della falsa notizia da non meglio precisati ambienti del Ministero dell’Interno o della Questura di Roma, ma, sopra a tutto, viene chiarito come «il colore di destra garantiva l’immediata divulgazione da parte della stampa e della radio e Tv di Stato della notizia». Frutto perverso di una mente giornalistica vicina agli ambienti socialisti, la scelta di fare il nome di Affatigato fu determinata anche per il fatto di sapere che l’uomo – a sua volta legato ai servizi segreti, seppur, almeno pare, non a quelli italiani -, in quei giorni, era sostanzialmente irreperibile e, di conseguenza, non in grado di smentire la notizia. Com’è noto, però, fu commesso un clamoroso errore: Affatigato era in Francia, lesse la notizia e si fece “vivo”, per evitare di essere fatto fuori e sparire per davvero, rendendo “autentico” il “canard” dei servizi segreti. Quel che è curioso, però, è che stampa, magistrati e ancora i servizi segreti non desistettero dalla pratica, replicandola esattamente quando, non ancora chiarito nemmeno che si trattava effettivamente di un attentato, indicarono nel “terrorismo nero” e più precisamente nei Nar, la “pista giusta” per Bologna: «garantiva l’immediata divulgazione da parte della stampa e della radio e Tv di Stato della notizia». Nar, del resto, era un sigla che diceva tutto e niente: “colorava” certamente di “nero” un evento terroristico – la strage, la bomba sull’aereo, qualsiasi altro genere di atto criminale -; però, non identificava nessuna persona o nessun gruppo specifico, in grado semmai di smentire le notizie propalate. Tanto è vero che la vera natura dei Nar si svelò con la cattura di Valerio Fioravanti solo l’anno successivo, nel 1981, costringendo gli inquirenti a prendere atto che quel gruppo aveva ben poco o niente a che vedere con tutto il precedente ambiente eversivo “di destra” che pure era stato ipotizzato costituirne l’ossatura. In altre parole, contrariamente a quanto s’intende ancora voler affermare nelle aule di giustizia e nell’opinione pubblica, i servizi segreti non compirono mai atti volti ad allontanare i sospetti dai “neri” per il 2 agosto (come per altre analoghe tragedie); bensì produssero carte e formularono ipotesi proprio per orientare verso i Nar la magistratura. Ed è triste prendere atto di come, in buona sostanza, quella «garanzia d’immediata divulgazione giornalistica» funzioni ancora, come dimostrano appunto certe cronache sull’attuale processo a Cavallini; anche se non bisogna perdere la speranza che ci sia una giusta valutazione delle carte. Senza preoccuparsi dell’audience.

Commenti

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  • Pino1° 17 Settembre 2018

    ‘La biga’ i telefoni interni delle basi e ‘sistemi’ di comunicazioni interni ! Come si spiega la grande attività nell’ambiente dalle prime ore del 28 quando, prima del telegiornale, i campi d’aviazione vicini ai o militari già sapevano di un’abbattimento realizzato da missile aria-aria? La domanda di chi aveva ascoltato della sparizione dai radar dell’Itavia che ipotizzavano da bomba a bordo..ed arrivava nelle basi era: cos’e successo? La risposta era ‘missile’L’ora dopo il servizio tv silenzio assoluto sulla rete! C’era solo un awacs di supporto? Sicuri che era ‘solo’occidentale? La Saratoga era in piena missione di combattimento con due? intercettori in volo e dichiarava dopo alcuni giorni che aveva i radar spenti, con aerei in volo? Cosa c’entra la pista nera con i caccia Francesi, vicina e la la base della corsica,,,,,
    ( vicina alla sardegna dove scoprirono, dopo mesi, un mig abbattuto….) una portaerei francese, una inglese, una Usa, Italia assente ! Che ca°°o c’entra l’aereonautica militare e la pista nera ! Anche noi avevamo ‘roba’ in volo ma era più a nord-est ! E non aveva carichi con quelle gettate! L’operazione anti Gheddafi che rivendicava per se il golfo della sirte con il ‘mammellone’ acquisito come acqua territoriale e le provocazioni di Gheddafi agli americani. La Saratoga fu appositamente inviata davanti casa alla Libia per far uscire i loro caccia ed abbatterli, platealmente e volutamente ! Abbattere Itavia confondendolo con un caccia militare non era possibile nemmeno ad un cieco e come noto i piloti militari gli aerei li sanno usare ! Noi, in quella occasione ricevemmo un messaggio trasversale così grave che avremmo dovuto entrare in guerra con l’unica potenza nucleare europea! Impossibile! Rip.

  • GIAN GUIDO BARBANTI 17 Settembre 2018

    Tutto verissimo.