Manovra, sempre più duro il braccio di ferro sul deficit. Ma Tria comincia a cedere

25 Set 2018 17:19 - di Redazione

A poco meno di quarantott’ore dalla riunione del Consiglio dei ministri che dovrà approvare la Nota di aggiornamento al Def, il documento economico-finanziario su cui poggerà la prossima legge di Stabilità, la maggioranza giallo-verde è ancora alla ricerca di un punto di compromesso tra i vincoli Ue e le misure contenute nel contratto di governo. La trattativa è tutta sul deficit e vede da una parte il ministro Tria e dall’altra il M5S di Luigi Di Maio, sostenuto a intermittenza da Matteo Salvini.

Non si esclude il deficit al 2 per cento

Il responsabile dell’Economia è attestato su quota 1,6 per cento (rapporto deficit-Pil per il 2019) mentre il capo politico dei Cinquestelle vorrebbe portarsi appena sotto il 3 per cento, galvanizzato dalla decisione di Macron di aumentare il deficit francese al 2,8. Il problema, però, è nelle differenti proporzioni dei rispettivi debiti pubblici – 130 per cento quello italiano, 97 per cento quello francese – e nello spread dei rispettivi titoli pubblici decennali in confronto a quelli tedeschi: 20 punti la Francia, 250 l’Italia. A questo punto, è ipotizzabile un incontro su quota 2 anche se i beni informati sostengono che Bruxelles non sia disponibile ad andare oltre l’1,8, cioè due decimali in più rispetto alla soglia fissata da Tria. Tuttavia, il vero altolà al governo Conte-Salvini-Di Maio, più che dalla Commissione Ue potrebbe essere intimato dalla reazione dei mercati.

Ma il vero ostacolo è la reazione dei mercati

Una soglia di deficit ritenuta troppo alta potrebbe scoraggiare gli investitori e costringere a vendere i possessori dei titoli del nostro debito pubblico. Ecco perché la strada di un extra-deficit troppo spinto non appare praticabile. Per scongiurarla, Bruxelles non esiterebbe ad avviare la procedura per deficit eccessivo nei confronti dell’Italia. Il nodo sarà sciolto solo giovedì quando la Nota di aggiornamento al Def renderà note le nuove stime su crescita e conti pubblici. Solo allora, infatti, sarà possibile capire il margine di flessibilità che il governo intende chiedere a Bruxelles e le risorse eventualmente liberate.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

  • Laura Prosperini 26 Settembre 2018

    ai c.d. “mercati” 8che sono le banche e la finanza mondiale) interessa solo (come gli usurai)
    guadagnare sui soldi investiti e quindi, per loro, è preferibile un’italia che “cresca” (anche facendo deficit) piuttosto che un’Italia che decresca (per il pareggio del bilancio, per investimenti contenuti, per politiche di austerity)
    in quanto un’italia che decresce diventa più fragile e quindi potenzialmente più pericolosa (più fragile nel pagare gli interessi agli investitori)
    per cui nessuna paura ma coraggio, si sfori la % dettata dell’euro-pa (che vuole mandare a farsi friggere l’italia così svende i suoi tesori) e si investa per lo Sviluppo di tutta la Nazione (e per dare lavoro ai tanti Italiani, specialmente ai giovani ed in modo particolare al Sud)
    Non dobbiamo più accettare che senza coperture non si fa nulla, ma ci rendiamo conto???
    è proprio la mentalità degli strozzini
    quindi il ponte di Geneova non si può ricostruire con questa mentalità oppure si può costruire ma solo quando si trovano le coperture…intanto i poveri Genovesi, offesi dalla bramosia dei Benetton, cosa devono fare?

    • Pino1° 26 Settembre 2018

      Inappuntabile watson, inappuntabile ! Compimenti

  • Angela 26 Settembre 2018

    Bruxelles…questa parola è diventato ormai per milioni di italiani una vera ossessione…non siamo più liberi di pensare e agire come meglio crediamo per il bene del nostro Paese…siamo costretti a dare sempre conto a “Bruxelles”…